L’Islanda è il primo paese al mondo a rendere obbligatoria per legge la parità di stipendio tra uomo e donna. D’ora in poi aziende e uffici pubblici con più di 25 impiegati dovranno dimostrare con una serie di documenti che le dipendenti sono pagate quanto i loro colleghi, altrimenti saranno puniti con un’ammenda. L’Islanda non è nuova a misure che promuovono l’uguaglianza tra uomo e donna, tanto che negli ultimi nove anni è stata al primo posto della lista dei Paesi più avanti nella parità di genere stilata dal World Economic Forum.  

 

Il report analizza il divario di genere attraverso quattro parametri: partecipazione alla crescita economica, risultati accademici, salute e aspettativa di vita e partecipazione alla politica. Una classifica che, per intenderci, vede gli Stati Uniti al 49esimo posto, davanti al Kazakistan ma dietro l’Uganda. Per non parlare dell’Italia, dove il divario tra uomini e donne ha fatto piombare il Paese all’82esimo posto in classifica (su 144 posizioni complessive), con un crollo di ben 22 posizioni nell’arco di un solo anno.  

 

Nel 2015 negli Stati Uniti le donne hanno guadagnato circa l’83% del salario della controparte maschile. Una voragine che si è andata assottigliando nel corso dei decenni, ma a un ritmo troppo lento. Tanto che di questo passo la parità di paga non si concretizzerà prima del 2119. L’Islanda ha deciso di dare un’accelerata. “Da anni stiamo lavorando per raggiungere la piena parità di genere, è un obiettivo che non si può più rimandare, ha dichiarato ad Al Jazeera, Dagny Osk Aradottir Pind, figura di spicco nel direttivo dell’associazione islandese per i diritti delle donne.  

 

L’Islanda è stata anche tra i primi Paesi – l’apripista fu la Svezia nel 1971 – a introdurre nel 2000 un sistema di congedo parentale di nove mesi condiviso tra padre e madre: ciascun genitore ha tre mesi di congedo e, se uno dei due decide di non utilizzarli, questi tre mesi vengono persi, non sono trasferibili all’altro genitore. Inoltre i due genitori possono decidere chi usa i restanti tre mesi: in questo modo né il padre né la madre si assentano dal lavoro per più di sei mesi, periodo durante il quale ricevono circa l’80% del loro salario. Un metodo che si è rivelato enormemente efficiente per non penalizzare agli occhi del datore di lavoro le donne che decidono di avere figli.  

 

E ora il grande passo con la legge sulla parità dei salari, che ha ottenuto il supporto della maggioranza di centro destra e dell’opposizione. Sarà un caso, ma in Islanda il 50 per cento dei membri del Parlamento è composto da donne.  

 Da La Stampa dell’1/01/18

  

Beatrice Lento

Laureata in Psicologia Clinica, Tropeana per nascita e vissuti, Milaniana convinta, ha diretto con passione, fino all'Agosto 2017, l’Istituto Superiore di Tropea. I suoi interessi prevalenti riguardano: psicodinamica, dimensione donna, giornalismo, intercultura, pari opportunità, disagio giovanile, cultura della legalità, bisogni educativi speciali.

Invia il messaggio