Elfriede
Sono nata nel 1956, sono la più piccola della famiglia d’origine e ho ancora due sorelle e due fratelli. I miei genitori erano, per quel pe- riodo, abbastanza grandi d’etá, quando sono andata alla scuola elementare mio padre aveva già 60 anni e i capelli bianchi, le mie amiche pensavano che fosse mio nonno ed io non le ho mai contraddette, mi vergognavo ad avere un papá cosi vecchio.
Sono cresciuta in condizioni di povertà, non c’erano mai abbastanza soldi in famiglia con cinque bambini. Mio padre era molto austero e rigoroso, mia madre, invece, sempre sorridente, sempre di buon umore, sempre allegra, cantava e re- citava, le mie amiche l’adoravano tanto. Dopo la scuola venivano sempre a casa nostra. Erano figli di gente ricca: avvocati, medici, grandi professionisti ma preferivano stare con la mia mamma.
A quindici anni volevo lasciare il Liceo, volevo fare altre cose, attivitá creative, volevo andare alla scuola d’arte, mio padre, invece, aveva deciso che dovevo completare il percorso liceale. Ero una pessima studentessa, due volte ho ripetuto una classe.
Poi a 18 anni mi sono innamorata follemente di un francese, ho lasciato, un anno prima della maturità, la scuola e la mia famiglia e sono andata con lui per vivere in Francia, senza soldi, senza diploma. I miei genitori erano disperati, ancora adesso li vedo alla stazione quando sono partita, hanno pianto tanto e non volevano lasciarmi andare via. Dopo un anno sono tornata in Austria, la nostra relazione non andava bene, io ero senza lavoro, però ancora per 3 anni ho fatto la pendolare fra la Francia e l’Austria ma alla fine sono rimasta nella mia terra, il nostro amore era finito. Poi ho cominciato a lavorare in un ufficio e comunque sono andata alla scuola serale per recuperare il diploma di liceo. Era un periodo duro, tutto il giorno al lavoro e di sera a scuola. Per 5 anni non sono andata in vacanze, ho sempre studiato.
Poi a 34 anni mi sono diplomata e successivamente, per due anni, ho studiato legge, finché ho conosciuto mio marito e non ho più avuto voglia di studiare, sette anni senza vacanze erano più che sufficienti. A quarantadue anni mi sono sposata, per me era la prima volta, ma per Michele, mio marito, già la terza. Non abbiamo avuto figli insieme e Marco, il figlio di mio marito, aveva quattordici anni quando ci siamo conosciuti col padre ed é quasi cresciuto con noi. Quindi lo considero sempre come mio figlio, e pure i figli suoi sono i miei veri nipotini.
Con mio marito ho cominciato una vita bella, tranquilla, spesso in viaggio, tante volte con la barca a vela. Ed é cosi che ho conosciuto Tropea, undici anni fa abbiamo visitato le Isole Eolie in barca, e per caso, davvero per caso, siamo arrivati a Tropea, non avevo mai sentito prima neppure il suo nome, in quel periodo in Austria non era conosciuta per nulla.
Mi ricordo, come fosse stato ieri, ho ancora la pelle d’oca pensandoci, arrivando al porto di Tropea al tramonto, quella luce, quella città maestosa sulla rupe….da brividi. Sopratutto perché é stato uno spettacolo inaspettato.
I turisti che vengono a Tropea hanno già visto le foto e sanno com’è, anche se in realità è ancora più bella, ma figuratevi senza averne una idea, la sorpresa é ancora più grande, in breve: mi sono innamorata follemente di Lei, ed é un amore per sempre.
Un anno dopo ho deciso di imparare la lingua italiana, sono stata felicissima nel ve- dere su internet che a Tropea c’era una scuola per stranieri. Cosi sono tornata, i primi anni solo tre settimane all’anno, ma da quando sono in pensione vengo più spesso.
Contemporaneamente all’amore per questa meravigliosa cittá é cominciata pure la mia grande passione per la fo- tografia. Prima avevo solo una piccola pocket-camera, ma già al mio primo ritorno ho comprato una bella macchina fotografica. La piccola non bastava più per catturarne la bellezza, il fascino, la luce fantastica che cambia sempre. Tropea è un sogno per ogni fotografo, ma per me sicuramente ancora di più.
E un passione grandissima, davvero una passione. Più bello che fotografare i palazzi ed il mare è per me fotografare la gente, i bambini, i nonni, cogliere gli attimi. A proposito di bambini: in questi 10 anni di fotografia ho visto crescere tantissimi piccoli tropeani, ieri ancora una bimba, oggi una piccola signora; sono momenti emozionanti per me vedere questo nei miei album di tropeani.
Spesso mi è pure successo che quando qualcuno mancava mi chiedessero se io avessi una bella foto del deceduto, mi erano molto grati se riuscivo a trovarla e per me era una sensazione bella avere aiutato un pó qual- cuno. Sono tanti i tropeani che vivono fuori dalla Calabria già da tanti anni, mi scrivono che grazie alle mie foto possono essere vicini al loro paese e ai parenti.
Questo mi emoziona sempre. Non sono professionista, sono autodidatta, ma le mie foto sono fatte con amore e credo che si veda. Tropea nel frattempo è diventata la mia seconda patria, qui posso vivere la mia passione per la fotografia, perché sono i tropeani che vogliano essere fotografati, sono loro che mi chiedono uno scatto e questo è bellissimo.
In Austria non è cosi. Ormai mi auguro che fra alcuni anni sarà realizzato l’ascensore che dal paese porta al mare così potrò venire a Tropea anche da anziana. Speriamo bene!
Cara Beatrice, questa è la mia storia, niente di interessante e mi chiedo davvero come mai tu vuoi raccontarla.
Ora ti lascio, ti auguro una serena e bella serata, se ti serve ancora qualcosa, fammelo sapere.
Quaderno dell’8 Marzo 2019 #2
Elfriede Hartbauer