La violenza delle parole
Ho qui un piccolo elenco di parole preziose. È impressionante vedere come nella nostra lingua alcuni termini, che al maschile hanno il loro legittimo significato, se declinati al femminile, assumono improvvisamente un altro senso, cambiano radicalmente, diventano luogo comune; luogo comune un po’ equivoco che poi, a guardar bene, è sempre lo stesso, ovvero un lieve ammiccamento verso la prostituzione.
Vi faccio un esempio.
- Un cortigiano: un uomo che vive a corte. Una cortigiana: una… mignotta.
- Un massaggiatore: un cinesiterapista. Una massaggiatrice: una… mignotta.
- Un uomo di strada: un uomo del popolo. Una donna di strada: una… mignotta.
- Un uomo disponibile; un uomo gentile e premuroso. Una donna disponibile: una… mignotta.
- Un passeggiatore: un uomo che cammina. Una passeggiatrice: una… mignotta.
- Un uomo con un passato: un uomo che ha avuto una vita, in qualche caso non particolarmente onesta, ma che vale la pena di raccontare. Una donna con un passato: una …mignotta
- Uno squillo: il suono del telefono. Una squillo: …dai non la dico nemmeno.
- Un uomo di mondo: un gran signore. Una donna di mondo: un gran…mignotta.
- Uno che batte: un tennista che serve la palla. Una che batte: …non dico manco questa.
- Un uomo che ha un protettore: un intoccabile raccomandato. Una donna che ha un protettore: una…mignotta.
- Un buon uomo: un uomo probo. Una buona donna: una…mignotta.
- Un uomo allegro: un buontempone. Una donna allegra: una…mignotta.
- Un gatto morto: un felino deceduto. Una gattamorta: una …mignotta.
- Uno zoccolo: una calzatura di campagna. Una zoccola: …
Questo elenco non l’ho fatto io.
Questo elenco lo ha scritto un uomo che si chiama Stefano Bartezzaghi, il professor Stefano Bartezzaghi, un enigmista, un giornalista, un grande esperto di linguaggio.
Grazie, Bartezzaghi, per aver scritto questo elenco di ingiustizie. Io, che sono donna, le sento da tutta la vita, ma non me ero mai accorta.
Ma questa sera non voglio fare la donna che si lamenta e che recrimina. Lungi da me…
Però, certo, anche nel lessico noi donne un po’ discriminate lo siamo. Quel filino di discriminazione io, donna, lo avverto magari solo io, ma un po’ lo avverto, un po’ lo percepisco.
Però, per fortuna, sono soltanto parole.
Certo, se le parole fossero la traduzione dei pensieri, allora sarebbe grave, sarebbe proprio un incubo fin da piccoli.
Eh, sì.
All’asilo, un bambino maschio potrebbe iniziare a maturare l’idea che le bambine siano meno importanti di lui.
Da ragazzo potrebbe crescere nell’equivoco che le ragazze in qualche modo siano di sua proprietà.
Da adulto potrebbe – è solo un’ipotesi! – pensare sia giusto che le sue colleghe vengano pagate meno e, a quel punto, non gli sembrerebbe grave neppure offenderle, deriderle, toccarle, palpeggiarle, come si fa con la frutta matura o per controllare le mucche da latte.
Se fosse così potrebbe anche diventare pericoloso. Sì si. Una donna adulta, o anche giovanissima, potrebbe essere aggredita, picchiata, sfregiata dall’uomo che l’ama. Uno che l’ama talmente tanto da pensare che lei e anche la sua vita sono roba sua, roba sua, e quindi può farne quello che vuole.
Per fortuna, sono soltanto parole, solo parole, per carità!
Ma se davvero le parole fossero la traduzione dei pensieri un giorno potremmo sentire affermazioni che hanno dell’incredibile, frasi offensive e senza senso come queste:[1]
- Brava, sei una donna con le palle!
- Chissà quella cosa ha fatto per lavorare?
- Certo, anche lei, però, se va in giro vestita così!
- Dovresti essere contenta se ti guardano!
- Lascia stare: sono cose da maschi!
- Te la sei cercata! Te la sei cercata! Te la sei cercata! Te la sei cercata!
Per fortuna, per fortuna, sono soltanto parole.
Ed è un sollievo sapere che, finora, da noi tutto questo non è mai accaduto!
Monologo recitato da Paola Cortellesi