Le Burrnesha: ” lui/lei”

Le Burrnesha: ” lui/lei”

La Burrnesha stravolgeva del tutto la propria immagine, tagliava i capelli, indossava abiti maschili e portava il fucile, e faceva un giuramento davanti ai dodici capi dei clan della zona, a cui seguiva una sonora sbronza a base di grappa. Quello era il rito che sanciva ufficialmente l’abbandono della sua vita da donna, e l’inizio della sua esistenza da uomo. Da quel momento, la “vergine giurata” acquisiva il proprio posto sociale in una comunità che, anche secondo il Kanun – il codice consuetudinario in vigore in Albania – era prettamente patriarcale, con un’importanza fondamentale per la famiglia, allargata e con a capo il maschio più anziano, e in cui le donne erano, recita il codice stesso, “solo un otre, fatto per portare peso”, private del tutto di autonomia, potere decisionale, valore, e con le sole funzioni riproduttiva e di guida delle faccende domestiche.
Chi diventava Burrnesha non avrebbe invece mai corso il rischio di essere guardata come una “macchina da figli” o tutt’al più come una domestica, guadagnava piuttosto stima, rispetto e considerazione da parte degli uomini, tanto da poter fumare, frequentare i bar, avere persino voce in capitolo nelle decisioni del clan, nonché, ovviamente, diventare il capofamiglia riconosciuto in caso di mancanza dell’uomo di casa.
Oggi le Burrnesha rimaste sono circa 200, per lo più anziane, dato che l’influenza sempre minore del Kanun ha gradualmente portato all’estinzione di questa antica tradizione, nonostante sopravviva soprattutto tra le zone montane e i villaggi dell’estremo nord dell’Albania, ai confini con il Kosovo, dove ancora le faide familiari sono all’ordine del giorno.
Alla figura della Burrnesha è stato dedicato un film del 2015, Vergine giurata, diretto da Laura Bispuri e interpretato da Alba Rorwacher, il quale trae spunto dal libro della scrittrice albanese Elvira Dones, Hana, in cui la protagonista, lasciata l’Albania per raggiungere la sorella in Italia, riscopre lentamente la propria identità femminile.
Anche se oggi la figura delle “vergini giurate” non ha più la forza di un tempo, resta comunque evocativa ed emblematica di un’epoca fatta di discriminazione e maschilismo, dove la sola scelta, per una donna, di non essere considerata alla stregua di animali da riproduzione era rinnegare se stessa e vivere nei panni di un uomo. Non solo le donne che tacevano e portavano su di sé l’opprimente peso di una società dove la disparità sessuale la faceva da padrone hanno compiuto un sacrificio, a modo loro anche le Burrnesha lo hanno fatto: hanno scelto di alzare la testa di fronte a una cultura che le voleva piegate al volere maschile, rompendo gli schemi e rinunciando alla propria identità per mettersi al pari degli uomini, e magari sfidarli in autorità. Potrebbe sembrare, la loro, una via di fuga estremamente facile da un inferno fatto di scarsa considerazione e zero potere decisionale, si potrebbe dire che hanno “rinnegato il loro essere donna per interesse, per poter vivere una vita degna”. E invece no, hanno scelto di mortificare se stesse, nel corpo e nell’anima, acquisendo un’identità ibrida, per garantire la salvaguardia della propria famiglia, o per permettere che la mentalità avanzasse e si aprisse all’idea di una donna non necessariamente sposa, moglie e madre. Le Burrnesha, sono, dopotutto, un commovente esempio di emancipazione femminile, che non intende giudicare chi accetta di rimanere nella sottomissione ma sceglie una via diversa per sé, e, forse, le fondamenta di ciò che siamo oggi.
Ancora oggi le donne in Albania si salutano dicendosi “A Je Burrnesh”, che si potrebbe tradurre come un modo per dirsi “Conosco le difficoltà con cui devi vivere e ti sono vicina”, a riprova che le “vergini giurate” non si sono allontanate dall’universo femminile, hanno combattuto, a modo loro, una battaglia per tutte le altre donne.
I loro volti, nella gallery, forse oggi sono induriti dal tempo e dalla vita passata ad agire da uomo, ma trasmettono forza e potenza.

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Beatrice Lento

Laureata in Psicologia Clinica, Tropeana per nascita e vissuti, Milaniana convinta, ha diretto con passione, fino all'Agosto 2017, l’Istituto Superiore di Tropea. I suoi interessi prevalenti riguardano: psicodinamica, dimensione donna, giornalismo, intercultura, pari opportunità, disagio giovanile, cultura della legalità, bisogni educativi speciali.

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