Leonora Carrington: la più grande surrealista 

Leonora Carrington: la più grande surrealista 

“Non avevo tempo per fare la musa, ero troppo occupata a ribellarmi alla mia famiglia e a trovare la mia strada di artista”. Così la surrealista Leonora Carrington (1917-2011) liquidò, nel 1986, chi l’aveva sempre considerata solo come la donna del pittore Max Ernst. Carrington, nata nel Regno Unito da una ricca famiglia di imprenditori tessili e inquieta fin da bambina, conobbe Ernst nel 1937 e fuggì con lui in Francia.
La relazione tra i due era sentimentale ma soprattutto intellettuale e artistica. Entrambi erano interessati all’occulto, al simbolismo, all’alchimia e all’arte precolombiana, più che al Freud che piaceva tanto ai surrealisti francesi. Negli anni in cui vissero insieme, a ridosso della seconda guerra mondiale, la loro arte si è sviluppata in maniera simbiotica e i loro lavori si sono spesso intrecciati.
Carrington era più di una musa, categoria di comodo in cui spesso si relegano molte artiste, era una compagna di vita e di arte per Max Ernst, in tutto e per tutto una sua pari. I due discutevano, scrivevano e creavano insieme: la storia d’amore durò poco a causa della guerra. Ernst fu arrestato dalla gestapo in quanto “artista degenerato” e Carrington rimase sola tra la Francia e Città del Messico ad affrontare paura, gelosia e, alla fine, un grave esaurimento nervoso. Finita la guerra, Ernst si sposò con Peggy Guggenheim e Carrington si stabilì a Città del Messico dove visse una vita lunga e creativa. Quello con Max Ernst è stato un incontro fondamentale, ma ridurre tutta l’attività di Leonora Carrington alla fine degli anni trenta sarebbe ingiusto.
La Dorothy, una piccola casa editrice statunitense che si occupa per lo più di libri scritti da donne, nel centenario della nascita ha pubblicato tutti i racconti scritti da Leonora Carrington in inglese, francese e spagnolo tra gli anni trenta e gli anni ottanta. Presto ripubblicherà anche le sue memorie, Down below.
Protagoniste ribelli e curiose

I racconti sono folgoranti, sembrano favole ma penetrano come un bisturi nell’inconscio e nel rimosso. Le protagoniste sono sempre donne che si muovono tra animali parlanti, alberi viventi e saloni deserti di case signorili d’altri tempi. Le ragazze di Carrington sono ribelli, curiose, mai spaventate dalla propria sessualità o da quella altrui. Sono esploratrici coraggiose, osservano uno strano mondo in continua mutazione e sanno osservare anche le mutazioni del loro stesso corpo.
La sessualità era un elemento centrale nell’estetica surrealista. Ma leggendo Bataille e Breton, o guardando i quadri di Picasso, Magritte, Dalí e dello stesso Ernst, è evidente che il punto di vista su sesso e desiderio è sempre maschile. Le donne nell’immaginario surrealista rimangono quasi sempre morbide nudità senza viso o, appunto, muse. Muse inquietanti, per parafrasare un famoso quadro di Giorgio de Chirico.
Il punto di vista sulla sessualità di Leonora Carrington è invece squisitamente femminile. È uno sguardo rivolto verso di sé, verso i propri desideri e il proprio corpo più che verso l’esterno. L’atto del guardare per Leonora Carrington non è una presa di possesso ma un’allucinata introspezione. È un’esplorazione continua del proprio ruolo nel mondo: pur muovendosi in situazioni irreali, i personaggi di Carrington prendono decisioni, stringono alleanze e si fanno un’idea di ciò che li circonda.

Daniele Cassandra

Beatrice Lento

Laureata in Psicologia Clinica, Tropeana per nascita e vissuti, Milaniana convinta, ha diretto con passione, fino all'Agosto 2017, l’Istituto Superiore di Tropea. I suoi interessi prevalenti riguardano: psicodinamica, dimensione donna, giornalismo, intercultura, pari opportunità, disagio giovanile, cultura della legalità, bisogni educativi speciali.

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