Porci con le ali

Porci con le ali

Ero certa che i miei genitori si sarebbero indignati e invece il successo aveva mondato tutto.

Lidia Ravera

Sono nata negli anni cinquanta, a Torino, e già questo è abbastanza grave. A sette anni, alla scuola elementare Manzoni, ho registrato il mio primo successo letterario. La maestra ha appeso il “pensierino” alla parete, in corridoio. Le bambine delle altre classi sono andate a leggerlo. Una quindicina d’anni dopo è arrivato “Porci con le ali” di cui tutti sanno tutto: due milioni e mezzo di copie vendute in 30 anni. Traduzioni estere, polemiche a non finire, etichette. Un successo non cercato, non goduto, male assorbito. Comunque ininfluente. Le sicurezze si formano prima, se si formano. Valeva di più il pensierino appeso al muro. Ma chi se lo ricorda. Scrivo da quando ho memoria, scrivo per mantenerla, la memoria, l’attenzione, qualcosa di vigile. Ho scritto per sorvegliare lo svolgimento della vita. La mia, quella degli altri. Sono stata, tutta la vita, soggetta ad una irrequietezza che mi spingeva a scrivere, ed incatenata alla mia roccia. Ho scritto 29 libri, per la maggior parte narrativa, una sessantina di sceneggiature. Ho scritto per il teatro, ho scritto canzoni…ho scritto addirittura un lbretto d’opera. E ho scritto migliaia di articoli per giornali e settimanali dal 1972, a Panorama (quello di Laberto Sechi) , sull’Unità (per 20 anni), su Io donna, su Donna Moderna… su Micromega, su Il Fatto Quotidiano. E da oggi qui, sull’Huffington Post. Poi, il 20 marzo scorso, alle 11 del mattino, è suonato il telefono. Era Nicola Zingaretti, che stavo seguendo con compiaciuto maternalismo (ecco qua uno di cui non sarò costretta a scrivere male). Mi ha detto: ho fatto una Giunta dove le donne sono 5 su 10. Ma forse 6 su 10. Bene, ho detto, che la metà del cielo ti benedica. Poi mi ha chiesto di essere io la sesta. Cioè di prendermi carico dell’Assessorato a me più congeniale, la cultura. La prima reazione è stata di sbalordimento. La seconda: un molto opportuno senso di inadeguatezza. A me gestire del denaro pubblico per il bene comune sembra una responsabilità enorme. Così ho detto: caro Zingaretti, tu sei matto. Ma poi, naturalmente, ho accettato. ( E lui mi regalato anche l’assessorato alle Politiche Giovanili). Adesso sto scrivendo il Piano Triennale di Indirizzo per le politiche culturali nella Regione Lazio. Una sfida entusiasmante. Sto cercando di non cambiare voce. A costo di stonare nel coro. 

Lidia Ravera

Beatrice Lento

Laureata in Psicologia Clinica, Tropeana per nascita e vissuti, Milaniana convinta, ha diretto con passione, fino all'Agosto 2017, l’Istituto Superiore di Tropea. I suoi interessi prevalenti riguardano: psicodinamica, dimensione donna, giornalismo, intercultura, pari opportunità, disagio giovanile, cultura della legalità, bisogni educativi speciali.

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