Rosalind Elsie Franklin: un’eroina mancata

Rosalind Elsie Franklin: un’eroina mancata

La vita di Rosalind Elsie Franklin è stata breve, ma il contributo che questa donna dal carattere non proprio facile, forte e ostinata, ha dato alla scienza è stato fondamentale. Il suo lavoro è stato importantissimo per la comprensione del DNA e della sua struttura, ma purtroppo le sue ricerche pionieristiche non furono capite al suo tempo, e dovette continuamente lottare contro le ostilità di un mondo scientifico ancora troppo “maschile”. Solo dopo la morte ha ricevuto molti riconoscimenti da grandi istituzioni scientifiche e si è arrivati alla conclusione che è stata proprio la Franklin l’effettiva scopritrice della morfologia a elica del DNA. Rosalind Elsie Franklin nacque a Londra in una ricca famiglia borghese. A sedici anni aveva già in mente quale sarebbe stato il suo destino: fare la scienziata. Si iscrisse al Newnham College di Cambridge, contro il volere del padre che avrebbe dovuto che la figlia si dedicasse a opere di beneficenza, un’attività più adatta a una donna. Dopo la laurea e il dottorato, si trasferì a Parigi, dove si specializzò nella diffrazione a raggi X e visse uno dei periodi più felici della sua vita: qui infatti entrò in grande sintonia con i colleghi, in particolare con l’italiano Vittorio Luzzati, cristallografo esperto di raggi X. All’inizio degli Anni 50 però decise di ritornare a Londra, dove iniziò a lavorare come ricercatrice associata al King’s College. Qui le cose non andarono come Rosalind sperava, soprattutto a causa del rapporto difficile con il collega Maurice Wilkins che, come lei, studiava la struttura del DNA. Wilkins era infatti un principiante nell’uso delle tecniche di diffrazione a raggi X, e pretendeva che lei, cristallografa esperta, condividesse con lui i propri risultati. Fu un disastro: Rosalind era infatti una donna determinata e gli anni parigini avevano contribuito a renderla ancora più libera e e sicura di sé: adesso si trovava costretta a lavorare in un ambiente bigotto e maschilista e non accettava di dover condividere con i suoi colleghi maschi i risultati delle sue scoperte. I suoi studi le permisero comunque di mettere a punto una tecnica innovativa che utilizzava i raggi X per fotografare i costituenti di tutti i materiali viventi e non viventi, attraverso una microcamera capace di produrre fotografie ad alta definizione dei singoli filamenti di DNA. Ottenne immagini bellissime, tra cui la famosa “Photograph 51”. 

Si scoprì così che il DNA, composto di due forme, la forma A e la forma B, e che quest’ultima aveva una forma a spirale. La scienziata però fu vittima di un furto da parte dei suoi colleghi maschi, James Watson e Francis Crick, che si impossessarono dei dati delle sue immagini realizzate con i raggi X, formulando il celebre modello a doppia elica. Alla fine, sarà proprio Wilkins ad attribuirsi i meriti di una grande scoperta. “Le sue foto a raggi X sono tra le più belle finora ottenute di qualsiasi sostanza” scrisse di lei un suo collega. Ciononostante, la frustrazione di Rosalind la portò a lasciare quel laboratorio per trasferirsi al Birkbeck College, dove trascorse anni migliori grazie alla presenza di colleghi che avevano di lei una grande stima. Al King’s College era infatti soprannominata la “dark lady” che “all’età di 31 anni vestiva con la fantasia di un’occhialuta liceale”. E ancora, la “terribile e bisbetica Rosy”: una donna dall’aspetto poco attraente, che trattava gli uomini come ragazzini, molto gelosa del suo lavoro.

Al laboratorio in più di un’occasione dichiararono che non vedevano l’ora di liberarsene perché il posto migliore per una femminista era nel laboratorio di qualcun altro. Rosalind con gli anni era diventata riservata e diffidente, ma la sua passione per la scienza era sempre più viva. Cominciò a studiare l’RNA e i virus, a viaggiare e a farsi conoscere il più possibile attraverso conferenze e incontri. La sua carriera, in costante ascesa, fu però improvvisamente arrestata da una grave malattia: le fu diagnosticato un cancro all’ovaio, all’età di soli 36 anni. Si trattava di un male che non lasciava speranze, ma la scienziata continuò a lavorare anche durante gli anni della malattia, preparando campioni, trasformandoli in cristalli per la macchina fotografica a raggi X e registrando tutto nei suoi quaderni. Fino al giorno della sua morte, a 37 anni. Dopo la sua scomparsa, nel 1962, i due scienziati che l’avevano “derubata” della sua scoperta, Crick e Wilkins, ricevettero il Premio Nobel. Senza ovviamente, fare alcun riferimento al prezioso lavoro svolto da Rosalind Franklin. Il suo mito era però già nato: la scienziata è diventata infatti un’icona per tutte le donne, una “scienziata capace di rendere bella qualunque cosa toccasse”. È stata definita un’eroina mancata, ma ci piace pensare a lei semplicemente come una scienziata che ha fatto il suo lavoro. Prima e meglio dei suoi colleghi maschi.

Dal Web
Beatrice Lento

Laureata in Psicologia Clinica, Tropeana per nascita e vissuti, Milaniana convinta, ha diretto con passione, fino all'Agosto 2017, l’Istituto Superiore di Tropea. I suoi interessi prevalenti riguardano: psicodinamica, dimensione donna, giornalismo, intercultura, pari opportunità, disagio giovanile, cultura della legalità, bisogni educativi speciali.

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