Teresa, Vestale degli Sbariati 

Teresa, Vestale degli Sbariati 

Ci accoglie con un intrigante profumo di ginestra, origano e menta il sito delle Grotte degli Sbariati. É un fresco pomeriggio di luglio di trent’anni fa quello che conservo nell’anima, sono a Zungri assieme a mio marito e a tre cari amici, attratti dalla magia di quel luogo esclusivo che solo uno di noi conosce. Il fascino dell’insediamenro rupestre é sconvolgente e, come sempre accade quando incontri la Bellezza, il cuore batte all’impazzata e la mente si perde nella fantasia del sogno..”Anatemaaa anatemati mmanassuu, anatematii mmanassuu de mena ti dichiamu. Pudema stefannonune ma secu ti dichiamu”, il canto incomprensibile mi affascina ed io lo seguo lasciando il gruppo. Agile come una capretta s’inerpica sui sentieri erti, tra le case scavate abilmente nella rupe, una donna dalle movenze eleganti di una danzatrice che accompagna il ballo con la melodia della voce.

 La saluto, mi presento e le chiedo il nome e il senso di quella canzone enigmatica. Teresa si chiama, possiede alcuni terreni e grotte e canta la rabbia di un innamorato che non può abbracciare la sua bella per gli ostacoli frapposti dalle differenze di status delle famiglie. No, non conosce l’origine di quella struggente melodia che ha l’incanto di radici antiche. 

Teresa scompare all’improvviso ed io rimango ammaliata da quell’apparizione inquietante.

Dopo tre decenni un’attrazione irresistibile mi riporta a Zungri tra le case degli Sbariati, questa volta con i miei nipotini, come se anche a loro dovessi trasmettere l’incanto di quel contesto esclusivo d’impareggiabile seduzione. Il paesaggio é mutato e la cura di chi ama la propria terra traspare nella trasformazione che valorizza l’intrinseca malia di quell’insediamento dalle origini ancor oggi oscure. 

Le tracce della fede cristiana sono palesi e le croci e il pesce raffigurato sulla grande cupola di una grotta inducono a pensare a qualcosa di più di un rustico agglomerato di stalle e di dispense per i prodotti della terra.

 Mentre fantastico, agevolata dal grigiore della notte, illuminata da suggestive luci incastonate nelle pietre, il mio sguardo è rapito da una figura nera che con disinvoltura si arrampica lungo i sentieri nonostante l’età avanzata. 

É Lei, la riconosco é la donna che trent’anni prima mi aveva attratto con la sua ermetica canzone. 

“Teresa, Teresa!”, é Lei.

 La signora dai capelli di neve raccolti nel nero del fazzolettone si volta e mi sorride, si ricorda di me. 

Ci sediamo sul gradino di una delle case di pietra e parliamo ancora come se nei tre decenni trascorsi un magico filo ci avesse tenuto assieme. Teresa stringe tra le mani il rosario e come un fiume in piena risponde alle mie domande che amano scoprire la complessità dell’animo femminile.

 É l’ultima di una famiglia di nove, solo lei donna assieme all’unica sorella e all’amatissima madre. Il padre è mancato quando aveva sei mesi e alcuni fratelli sono emigrati in Argentina. 

Agli Sbariati é legata perché ha ereditato dalla madre terreni che ne fanno parte, altri li ha comprati ed uno lo ha in fitto. Si definisce l’ultima superstite di quella cultura rupestre e adora quelle rocce che le parlano della mamma, tutti i giorni lei andava alla fonte tra le grotte e lavava la biancheria per poi riportarla asciutta e profumata di acqua sorgiva. 

Approfitto della sua benevolenza per approfondire la mia ricerca sulla donna e Teresa si concede compiaciuta del mio persistente interesse. Gli uomini che ha conosciuto non erano cattivi, proprio per niente, ma erano maschi e i maschi, si sa, comandano e controllano le femmine che ai suoi tempi non potevano andare da sole neanche al lavoro.

 Era dura la vita delle ragazze: figli da crescere, cucina per sfamare tante bocche, case da curare e duro lavoro nei campi, anche di notte quando i padroni chiamavano. Lei é stata fortunata perché il marito, che pure non aveva scelto ma le era stato proposto tramite “ambasciaturi”, era buono, le voleva bene e amava condividere con lei scelte e decisioni. 

É rigorosa e severa col nostro Genere Teresa e affida alla donna il compito di tutela della famiglia a costo di qualsiasi rinuncia e sacrificio, anche il tradimento va sopportato dalla moglie per salvaguardare la serenità dei figli e l’unità familiare

.” Oi i stujavucchi diventaru sarvietti e i sarvietti stujavucchi” mi dice l’Ultima degli Sbariati riferendosi allo sconvolgimento dei costumi che riguarda soprattutto la donna che non é più, con suo rammarico, Angelo del Focolare ed eroina che s’immola per il bene dei figli.

 Cerco di proporle una concezione più emancipata e dignitosa dell’essere femminile ma Teresa é irremovibile: la Donna è la roccia su cui si costruisce la famiglia e non c’é spazio per nient’altro. 

Quella Creatura straordinaria é analfabeta, le circostanze della vita l’hanno privata dell’istruzione e la sua saggezza antica, erede di una civiltà contadina che forse in quei luoghi esclusivi si intreccia con culture venute da lontano, non ha avuto il dono dello strumento necessario a scrollarsi il giogo della visione subalterna della donna. 

Eppure in Lei qualcosa parla di libertà.

 É la sua fierezza antica che coniuga la dolcezza e la docilità con una determinazione e forza interiori davvero straordinari. 

Le grotte sono la sua energia vitale, lì ritrova la madre, la giovinezza e il profumo amaro del sacrificio fatto anche di pesanti sacchi colmi d’olive portati in testa. 

É nata a Marzo la Signora, come me sotto il segno fantasioso dei Pesci, é pure Lei una Sbariata, l’ultima forse, una creatura in cammino capace di guardare al sole anche nel grigiore fitto delle nuvole.

 Di questo gioiello raro di architettura rupestre di Calabria é diventata la Vestale, inflessibile, precisa e coerente.

 Lei, che lo ricorda abitato solo dagli animali, non dimentica la fatica del vivere: il lavoro a giornata e quello nelle proprie terre, non scorda le donne rispettose dei propri uomini e teme che la libertà di cui tutti oggi godono si trasformi in anarchia capace di distruggere la Famiglia e con essa la Civiltà…anche quella mitica e attraente che affonda le radici nelle Grotte della sua Zungri. 

Addio Teresa, Vestale degli Sbariati, nonostante le apparenze, sei stata e rimani una Donna Libera.
Di Beatrice Lento

Tropea 2 settembre 2018
P. S. Non conosco di persona Teresa, me ne sono innamorata grazie alle meravigliose foto di Salvatore Mazzeo e al racconto della splendida Coordinatrice del Museo e Insediamento Rupestre di Zungri Maria Caterina Pietropaolo che ringrazio assieme a Francesco Braccio per l’antico canto ” Anatema”

Beatrice Lento

Laureata in Psicologia Clinica, Tropeana per nascita e vissuti, Milaniana convinta, ha diretto con passione, fino all'Agosto 2017, l’Istituto Superiore di Tropea. I suoi interessi prevalenti riguardano: psicodinamica, dimensione donna, giornalismo, intercultura, pari opportunità, disagio giovanile, cultura della legalità, bisogni educativi speciali.

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