UNA PANCHINA ROSSA A TROPEA
Eccola la nostra Panchina Rossa
Si trova in Largo Duomo a Tropea e porta i versi di Emily Dickinson, un monito a uscire dall’indifferenza.
Tutti dobbiamo fare la nostra parte, non far finta di niente, non giustificare, non sottovalutare, non sminuire… pensiamo che una creatura sta soffrendo e anche domani potrebbe essere troppo tardi.
Una Panchina Rossa a Tropea
Si è realizzata con successo la celebrazione del 25 Novembre, Giornata Internazionale contro la violenza sulla donna.
L’evento, promosso dal Comune di Tropea, è stato condiviso dall’Istituto Superiore di Tropea e dalla nostra Associazione.
sos KORAI Onlus ha coordinato la manifestazione che si è conclusa con l’inaugurazione di una panchina rossa in Largo Duomo recante la frase di Emily Dickinson:” Il silenzio è tutto ció che temiamo. C’è riscatto in una voce.”
Libri? No! É una donna!
Sembra assurdo eppure qualcuno, anzi più di uno, ha detto che i libri sono veleno e per leggerli occorre possedere l’antidoto.
Gli esseri deboli non lo posseggono, ergo le donne che leggono sono pericolosissime.
Una Panchina Rossa
Ciao Caterina
Era una ragazza solare, dolce e buona.
Caterina era una nostra studentessa del Liceo Classico e voleva diventare medico.
La vita le aveva riservato il peso di una malattia ma a portarla via é stata la fatalità di un incidente.
Se n’è andata assieme alla sua mamma che con Lei condivideva ogni sospiro.
Era solare e voleva vivere ma era consapevole della fragilità della vita.
“Soffrirò… Morirò…
Ma intanto
sole, vento, vino, trallallà.”
Ciao farfalla ricciolina
variopinta e leggera
nel vento fresco
vola sulla tua collina
Una PANCHINA ROSSA
Anche a Tropea avremo una panchina rossa per dare spazio alla donna vittima di violenza.
E tu: non sentirti sola, non far finta di niente, non pensare che é l’ultima volta, non credere che ti vuol bene, non illuderti di cambiarlo, non dire che sei scivolata.
Il 25 Novembre vieni anche tu, ti aspettiamo alle 11 al Santa Chiara e alle 12 in Largo Duomo.
Troverai tanti studenti, ci saranno molte donne, incontrerai l’Amministrazione Comunale col suo Sindaco, inaugurerai anche tu la panchina rossa…la panchina rossa é anche tua.
Non sei sola e allora… coraggio, non giustificare, denuncia!
Per la prima volta una Donna
Dopo 131 anni, il Financial Times sarà diretto da una donna
La prescelta è Roula Khalaf e segna il passaggio di un’era per il giornale del Regno Unito
Cade un altro bastione tutto maschile in Gran Bretagna. Il Financial Times, storica testata politico-finanziaria londinese e voce di riferimento della City, avrà dall’inizio del 2020 il suo primo direttore donna in 131 anni di vita: la prescelta è Roula Khalaf,chiamata non solo a rompere un monopolio di direttori uomini (e anglosassoni), ma anche a subentrare ad un vero e proprio monumento del giornale più europeo e internazionale del Regno, il veterano Lionel Barber, dimessosi dopo un lungo mandato di 14 anni.
La designazione di Khalaf, annunciata oggi, segna il passaggio di un’era, con l’arrivo al vertice editoriale del prestigioso FT di una donna che è britannica solo come secondo passaporto. Libanese, nata e cresciuta a Beirut negli anni della guerra civile, la direttrice in pectore rappresenta peraltro un ricambio all’insegna della continuità. Una risorsa interna, approdata nella redazione del giornale color rosa della City 24 anni fa, dopo gli studi universitari negli Usa (a Syracuse e poi alla Columbia).
Nominata vicedirettore fin dal 2016, era stata in precedenza corrispondente dal Medio Oriente, poi coordinatore della copertura dei servizi sulle rivolte della cosiddetta Primavera Araba e quindi responsabile della rete internazionale del quotidiano, ossia di oltre cento giornalisti inviati in giro per il mondo. Sotto la sua guida, infine, è stata lanciata negli ultimi tempi la novità assoluta di Trade Secrets, un irriverente contenuto verticale dedicato a inchieste e approfondimenti sulla realtà e le ombre del commercio globale.
Khalaf si è detta “onorata” dell’incarico, non senza rendere omaggio a Barber, la cui leadership ha plasmato una stagione di rinnovamento del Financial Times, incrociando la sfida dei cambiamenti con la difesa della tradizione di autorevolezza riconosciuta al giornale da tanti lettori e dall’establishment di mezzo mondo. Una stagione durante la quale il direttore uscente ha pilotato fra l’altro in prima persona nel 2015 il clamoroso passaggio di proprietà della testata – operazione dal valore di ben 840 milioni di sterline – dal Pearson Media Group, holding editoriale inglese purosangue, al colosso giapponese Nikkei. Un’iniezione di aria nuova e d’interessi più ampi, oltre che di capitali, rivelatasi evidentemente la premessa per arrivare anche ad abbattere il tabù di genere sulla direzione.
“Sono felicissimo che Roula Khalaf abbia accettato questo ruolo – ha commentato da Tokyo il presidente di Nikkei, Tsuneo Kita – e sono pienamente fiducioso che continuerà a portare avanti la missione del FT: assicurare un giornalismo di qualità senza paura e senza favori e perseguire una rinnovata agenda editoriale di copertura del business, della finanza, dell’economia, della politica estera”. “Roula – ha proseguito Kita – ha dato prova in 24 anni di carriera, inclusi quelli da vicedirettore, della sua integrità, determinazione e saggezza di giudizio. Non vediamo l’ora di lavorare a stretto contatto con lei per rafforzare la nostra alleanza di media internazionali”.
La terra santa
Ho conosciuto Gerico,
ho avuto anch’io la mia Palestina,
le mura del manicomio
erano le mura di Gerico
e una pozza di acqua infettata
ci ha battezzati tutti.
Lì dentro eravamo ebrei
e i Farisei erano in alto
e c’era anche il Messia
confuso dentro la folla:
un pazzo che urlava al Cielo
tutto il suo amore in Dio.
Noi tutti, branco di asceti
eravamo come gli uccelli
e ogni tanto una rete
oscura ci imprigionava
ma andavamo verso la messe,
la messe di nostro Signore
e Cristo il Salvatore.
Fummo lavati e sepolti,
odoravamo di incenso.
E dopo, quando amavamo
ci facevano gli elettrochoc
perché, dicevano, un pazzo
non può amare nessuno.
Ma un giorno da dentro l’avello
anch’io mi sono ridestata
e anch’io come Gesù
ho avuto la mia resurrezione,
ma non sono salita ai cieli
sono discesa all’inferno
da dove riguardo stupita
le mura di Gerico antica.
Le dune del canto si sono chiuse,
o dannata magia dell’universo,
che tutto può sopra una molle sfera.
Non venire tu quindi al mio passato,
non aprirai dei delta vorticosi,
delle piaghe latenti, degli accessi
alle scale che mobili si dànno
sopra la balaustra del declino;
resta, potresti anche essere Orfeo
che mi viene a ritogliere dal nulla,
resta o mio ardito e sommo cavaliere,
io patisco la luce, nelle ombre
sono regina ma fuori nel mondo
potrei essere morta e tu lo sai
lo smarrimento che mi prende pieno
quando io vedo un albero sicuro.
Alda Merini
Le ragazze del muro di Berlino
La foto risale all’agosto del 1961. Rosemarie Badaczewski e Kriemhild Meyer, all’epoca entrambe quindicenni, vennero immortalate mentre si tenevano per mano, separate da un muretto di cemento alto poche decine di centrimetri.
Di lì a qualche settimana, quel muro – che per 28 anni ha mantenuto separate la Germania federale dalla DDR, la Repubblica democratica tedesca – avrebbe raggiunto quasi 4 metri di altezza e oltre 150 km di lunghezza, divenendo il simbolo della Cortina di ferro.
Per il resto del mondo, invece, Rosemarie e Kriemhild sarebbero diventate “le ragazze del muro“: quella mattina di agosto, le due amiche, che da un giorno all’altro si ritrovarono rispettivamente a est e a ovest del muro di Berlino, si erano incontrate casualmente e – grazie a uno slancio di umanità della guardia di frontiera che avrebbe dovuto bloccarle – corsero a salutarsi per un’ultima volta.
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