Archivio mensile 19th Settembre 2021

La prima statua femminile a Milano per Cristina Trivulzio di Belgioioso

Cristina è stata famosissima in vita e non solo in Italia. Celebrata anche dopo morta per decenni, grazie al suo apporto alla causa dell’Unità d’Italia, è oggi quasi sconosciuta. A Milano, dove il suo nome era noto a tutti, per la sua ricchezza, la bellezza, il coraggio e l’anticonformismo, è oggi ricordata con una via suburbana che porta a Pero, dopo lo svincolo autostradale di Roserio.
Cristina fu una bambina gracile e timida, ma già da giovanissima si dimostrò intrepida. Era nata in una famiglia nobile e ricca; suo padre morì quando lei aveva solo quattro anni e tuttavia la sua fu un’infanzia serena: la madre si risposò con Alessandro Visconti d’Aragona, ebbe altri quattro figli e Cristina ebbe buoni e affettuosi rapporti sia con il patrigno che con i fratellastri. Come si usava a quel tempo nelle famiglie nobili, non fu mandata a scuola e prese invece lezioni a casa. Determinante per la sua formazione fu il rapporto con l’insegnante di disegno, Ernesta Bisi, che per prima le fece intravedere idee nuove, e l’amicizia con Bianca Milesi: idee che venivano dalla Francia e che non piacevano neppure un po’ al potente nonno materno di Cristina, Gran Ciambellano dell’imperatore d’Austria.
A 16 anni Cristina rifiutò il matrimonio con un cugino triste e piagnucoloso e sposò invece, pur sconsigliata dagli amici, il principe Emilio di Belgioioso: che era bello, giovane, sifilitico e stava dilapidando allegramente il suo patrimonio. Per dare un’idea della ricchezza della famiglia Trivulzio, si pensi che Cristina portò in dote 400.000 lire austriache, calcolate oggi a 4 milioni di euro. Il matrimonio con Belgioioso durò poco, ma si dissolse pacificamente in un rapporto d’amicizia che durò tutta la vita.
Verso la fine degli anni Venti Cristina cominciò a frequentare i patrioti, cosa che ovviamente non sfuggì all’occhiuta polizia di Milano. Sentendosi minacciata, scappa prima in Svizzera, poi in Francia. Qui, ospite di un amico notaio, conosce lo storico francese Augustin Thierry, che le rimane amico per tutta la vita, innamorato della sua testa, della sua vitalità, della sua intraprendenza: non poteva ammirarne la bellezza perché era da poco diventato cieco.
Intanto la polizia austriaca sequestra tutti i suoi beni in Italia: Cristina decide allora di trasferirsi in Francia dove per qualche tempo si guadagna da vivere facendo pizzi e coccarde. Ma per sua fortuna la povertà dura poco: arriva prima l’aiuto materno, poi il dissequestro del suo patrimonio.
Affitta allora un appartamento nel centro di Parigi, apre un salotto, stringe amicizia con Heinrich Heine, Liszt, de Musset, corrisponde con La Fayette. Scrive articoli, paga di tasca sua giornali patriottici, aiuta numerosi fuorusciti italiani, finanzia addirittura un tentativo di colpo di stato mazziniano in Sardegna, perora la causa italiana nel mondo che conta a Parigi.
È molto ammirata, sicuramente affascinante. Alta, sottile, colorito pallidissimo, capelli nerissimi, molti la corteggiano, tutti l’ammirano. A trent’anni mette al mondo una bambina, Maria. Figlia di chi? Non si saprà mai di sicuro, forse di uno storico che si chiamava François Mignet. Seguono anni di isolamento e di studio. Poi Cristina decide di tornare a Locate, dove possiede una grande proprietà di famiglia.
Prima di lasciare Milano, Cristina chiede di dare un ultimo saluto a Giulia Beccaria , la madre di Alessandro Manzoni, malata gravemente. Ma il “pio” Manzoni non la lascia entrare: troppo scandalosa era stata la sua vita per essere accettata da un cattolico. Lo stesso Manzoni, quando gli fu riferito che Cristina a Locate aveva fondato un asilo per i bambini poveri esclamò: «ma se ora i figli dei contadini vanno a scuola chi coltiverà i nostri campi?»
Asilo che fu invece lodato dal grande pedagogista Ferrante Aporti e non fu l’unica iniziativa filantropica della Belgioioso, che in Francia aveva apprezzato le idee del socialismo utopistico di Charles Fourier: a Locate crea anche scuole maschili e femminili, nonché forme di previdenza per i contadini.
Seguono anni di studio (tra l’altro traduce in francese le opere di Gian Battista Vico) e di fervore di idee, dissensi, iniziative: Cristina si orienta per la soluzione unitaria e monarchica. Sono anni caldi che preparano il ‘48. Usa il suo denaro per diffondere idee, fonda la rivista «Ausonio» sul modello della celebre «Revue des Deux Mondes». Incontra Cavour, Cesare Balbo, Tommaseo, Giuseppe Montanelli.
È a Roma quando scoppiano le Cinque Giornate di Milano. Organizza quello che, con un po’ di ironia, venne chiamato l’ “esercito Belgioioso”, 200 volontari portati in piroscafo fino a Genova e di qui a Milano. Poco tempo dopo si unisce ai patrioti della Repubblica Romana, trascorre giorno e notte negli ospedali, si espone a ogni rischio e “inventa” le infermiere, che ancora non esistevano: dame aristocratiche, donne borghesi e anche qualche prostituta. Ciò che, quando si verrà a sapere anni dopo, non mancherà di scandalizzare i “benpensanti” e lo stesso Papa, al quale Cristina risponderà rispettosamente, ma per le rime, con una pubblica lettera.
Dopo la sconfitta della Repubblica Romana s’imbarca a Civitavecchia con la figlia, sbarca a Costantinopoli, finisce in Turchia, dove con soldi a prestito acquista una proprietà, fonda una colonia agricola aperta a profughi italiani, assiste la popolazione locale come a Locate, si guadagna da vivere scrivendo articoli di sorprendente verismo sull’Anatolia, il Libano, la Siria, la Palestina.
Nel 1855 ottiene dalla burocrazia austriaca la restituzione dei suoi beni, torna in Italia, e nel 1860 si sposa la figlia Maria – e sarà un matrimonio felice, che renderà felice anche Cristina. Nel 1861, dopo la proclamazione della tanto sospirata unità d’Italia, la principessa di Belgioioso lascia serenamente ogni attività politica e vive tra Milano, Locate e il lago di Como con l’affezionato servo turco Burdoz e la governante inglese Miss Parker, entrambi compagni di viaggi e d’avventure da vent’anni.
Muore nel 1871, a 63 anni, a Locate: dove si trova ancora la sua tomba.

Dall’Enciclopedia delle donne

Lella Golfo a Tropea!

Lella Golfo è nata a Reggio Calabria e vive a Roma.  Giornalista pubblicista, Commendatore e Cavaliere della Repubblica, la sua vita è una storia d’impegno sociale per le donne. È ancora una ragazza quando si batte con determinazione per sostenere e difendere i diritti delle “gelsominaie” della zona Jonica e delle “raccoglitrici di olive” nella Piana di Gioia Tauro.

Approdata a Roma, con un gruppo di donne, inventandosi una forma di autofinanziamento per creare iniziative ad hoc finalizzate alla promozione delle donne, nel 1982 costituisce l’Associazione culturale “Buongiorno Primavera” e inizia la sua marcia ufficiale di attivismo culturale, politico, sociale dedicato alle donne, alle loro problematiche e aspirazioni. Colpita dalla figura di Marisa Bellisario, allora Amministratore Delegato dell’Italtel e prima manager di successo che il nostro Paese ricordi, nell’89, a un anno dalla sua scomparsa, decide di dar vita a un Premio in sua memoria. Nasce così il Premio Marisa Bellisario e due anni dopo la Fondazione Marisa Bellisario. Riconosciuta ufficialmente come Ente morale nel 1996, dal 2005 la Fondazione è anche una ONG riconosciuta con decreto dal Ministero degli Affari Esteri.

Dopo quasi trent’anni di impegno e lavoro – celebrati con due Mostre al Vittoriano di Roma e a Palazzo Reale a Milano – la Fondazione Marisa Bellisario rappresenta oggi un indiscutibile punto di riferimento sia per le donne che hanno già dimostrato “sul campo” le proprie capacità e competenze, sia per coloro che si affacciano nel mondo del lavoro.

L’impegno parlamentare

Nel 2008 entra in Parlamento nelle fila del Pdl e diviene membro della Commissione attività produttive, commercio e turismo e della Commissione parlamentare d’inchiesta sui fenomeni della contraffazione e della pirateria in campo commerciale. Si distingue per essere una delle parlamentari con il più alto tasso sia di presenza sia in Aula sia nelle commissioni. Presenta numerose proposte di legge, incentrate soprattutto sulla questione femminile, oltre a interrogazioni e ordini del giorno per la difesa della sua terra, la Calabria.

Le quote di genere

Nel 2011 la proposta di legge sulle quote di genere nei CdA delle società quotate e controllate, di cui è prima firmataria, diviene Legge dello Stato. Nel 2013 esce il libro “Ad Alta Quota. Storia di una donna libera” (Marsilio Editore, con la prefazione di Antonio Catricalà) in cui Lella Golfo ripercorre tutte le tappe della sua vita. Dall’impegno per le donne in Calabria e poi a Roma, al matrimonio, il figlio – “l’amore della mia vita” –, il sofferto divorzio – “tra i primi in Calabria” –, la politica attiva, l’amicizia mai rinnegata con Bettino Craxi, la caparbietà nel creare e portare avanti la Fondazione intitolata a Marisa Bellisario, l’impegno all’estero e in patria, l’ingresso in Parlamento nel 2008 fino alla più importante affirmative action mai applicata in Italia.

Presentato in oltre 50 città italiane, oltre che a New York e Madrid e giunto alla terza ristampa, il libro è stato tradotto anche in inglese ed è disponibile su Amazon.
Limpegno sul fronte internazionale l’ha portata a promuovere missioni all’estero, corsi di formazione e d’imprenditoria femminile in Afghanistan, Palestina, Kosovo, India, Rwanda, Cina e tanti altri luoghi nel mondo, dove Lella Golfo sa di poter dare il proprio contributo sia in aiuto dei soggetti più deboli sia per rafforzare un network al femminile.

I riconoscimenti di una vita in difesa delle donne

Numerosi i Premi ricevuti nel corso del suo lungo impegno per le donne. Ultimo in ordine di tempo, The Italy America Chamber of Commerce Business and Culture Award 2013, un riconoscimento internazionale tra i più prestigiosi, ‘in ragione delle iniziative assunte e dell’incredibile impegno per l’affermazione dei diritti delle donne nel mondo del lavoro in un contesto globale’.

  • LA FONDAZIONE