25 Aprile con Liliana Segre

25 Aprile con Liliana Segre

Milano, 25 aprile 2018 – «Il mio 25 aprile 1945? Ero ancora prigioniera nel campo di Malchow, nel nord della Germania. Mancava una settimana alla mia liberazione ma io non lo sapevo, ero una che poteva morire da un momento all’altro, completamente ignara di tutto quello che di importante stava succecedendo in Europa e nella mia amata Milano, città dalla quale sono stata deportata». Liliana Segre, 88 anni, sopravvissuta all’Olocausto, nominata a gennaio senatrice a vita dal presidente Mattarella, oggi «parla» da piazza Duomo ai milanesi con un videomessaggio di 4 minuti, dopo l’intervento del sindaco Sala. Troppo faticoso per lei salire sul palco, «da quando sono stata nominata senatrice non faccio che ricevere inviti e rispondere ad interviste ma ormai ho le energie di una donna di 88 anni!». Fu liberata il 1° maggio 1945 Liliana, unitamente agli altri prigionieri dopo l’occupazione del campo di Malchow da parte dei russi, ma a casa, dopo lunghe peripezie tornò, sola, orfana del padre Alberto Segre morto nel lager, nell’agosto del 1945.
Qual è il suo messaggio nel giorno della Liberazione dal nazifascismo?
«Che non dobbiamo disperdere la grande eredità di quanti hanno sognato questa Italia libera, democratica. Purtroppo, da parte mia, c’è anche una amara presa di coscienza, alla luce di quanto succede oggi, ossia che il sacrificio di tutti quelli che allora fecero una scelta di campo, difficilissima, sia stato vano. Tutti sembrano aver dimenticato cosa voleva dire non avere la libertà».
Ottant’anni fa le leggi razziali e lei ne fu vittima… poi il 30 gennaio l944 la deportazione con il papà dal Binario 21 della Stazione Centrale di Milano. Che cosa ha provato quando ha saputo della nomina a senatrice?
«La stessa domanda me l’ha fatta il presidente Mattarella, uomo di grande sensibilità. E io gli ho risposto che la stessa bambina italiana che a 8 anni è stata espulsa per la sola colpa di essere nata, che ha visto chiudere la porta della scuola, la prima di una serie di altre, che ha visto chiudere la porta della Svizzera per la salvezza, la porta di tre carceri italiani, la porta del vagone con il quale sono stata deportata e i cancelli di Auschwitz per colpa di quelle leggi lì, oggi ne ha trovato una aperta. Lo stesso Stato, a distanza di 80 anni, alla stessa bambina, vecchia, apre le porte del Senato. Un onore grandissimo».
Ha incontrato migliaia di giovani nel ruolo di testimone pubblico. Li invita a non essere indifferenti…
«Tanti giovani sono attratti da falsi miti. Mi ha colpito ascoltare la testimonianza di una ragazzina di 16 anni che ha piantato famiglia e studi, al sud, per venire a Milano e incontrare il suo idolo, una blogger che sta con Fedez…insomma questi ragazzi mostrano un assoluto vuoto mentale e dell’ anima!»
Ma è 25 aprile anche per loro…
«Ma non è il valore che riconoscono, cercano strade facili, ricchezza. Ma non sono tutti così».
Il futuro della memoria?
«Finchè posso continuerò a testimoniare, preoccupata della deriva di antisemitismo e razzismo che colpisce il nostro Paese e l’Europa, per nulla unita, che chiude le frontiere e ha lasciato sola l’Italia a gestire l’accoglienza ai migranti. Mi sento sempre più una goccia in mezzo all’oceano».

Da Il Giorno

Beatrice Lento

Laureata in Psicologia Clinica, Tropeana per nascita e vissuti, Milaniana convinta, ha diretto con passione, fino all'Agosto 2017, l’Istituto Superiore di Tropea. I suoi interessi prevalenti riguardano: psicodinamica, dimensione donna, giornalismo, intercultura, pari opportunità, disagio giovanile, cultura della legalità, bisogni educativi speciali.

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