Delfina da GRETA secondo Quaderno dell’8 Marzo di sos KORAI

Delfina da GRETA secondo Quaderno dell’8 Marzo di sos KORAI

Delfina

Sono Calabrese DOC, nata e cresciuta, orgogliosa di appartenere a questa bellissima Regione. Molti mi chiedono da dove deriva il mio nome, Delfina, in verità non è un nome di famiglia ma porto il nome della mia

madrina, un’intima e cara amica di casa, significa “colei che viene da Delfi” e si festeggia il 26 novembre in memoria di Santa Delfina di Sabron.

Per diversi anni ho prestato servizio in qualità di Dirigente Scolastico presso alcuni Istituti Comprensivi della Provincia di Vibo Valentia; ho vissuto le mie destinazioni con viva soddisfazione, chiaramente mi sono sempre interrogata su quali potessero essere gli obiettivi formativi più pregnanti nell’ambito di un contesto territoriale come il nostro, caratterizzato da particolari fenomeni a livello socioculturale, e quali potessero essere gli strumenti e i momenti di confronto e di sensibilizzazione, al fine di focalizzare alcuni traguardi che potessero essere condivisi e favorire la mobilitazione delle migliori risorse disponibili all’interno ed all’esterno della Istituto; ho cercato di dare vita a una scuola che fosse capace di interpretare con responsabilità le istanze umane, sociali, ambientali del territorio, che sapesse educare e formare, ma soprattutto aprirsi per creare un dinamico e innovativo rapporto con la realtà circostante e per fornire agli allievi validi strumenti conoscitivi, senza dimenticare l’identità culturale e i valori umani. La mia esperienza professionale è stata straordinaria, ho incontrato molte persone speciali che mi hanno voluto e mi vogliono bene, che mi hanno mostrato rispetto e disponibilità, in sintonia con il mio pensiero e il mio modo di essere, che, a volte, con un piccolo gesto mi hanno donato serenità, e che non smetterò mai di ringraziare per averle in- contrate nel mio cammino.

Sono nata in una famiglia vecchio stile, di sani principii morali ed educazione rigida, tutti credenti e praticanti. Ho vissuto un’infanzia protetta, ogni membro della famiglia vigilava sull’altro, così come i vicini di casa, il male non ci sfiorava, si giocava sicuri per strada, quella era la vera libertà! Non esisteva il timore di incorrere in un maniaco, in un mostro. Le donne erano sacre in famiglia, la mia mamma gestiva e governava la casa ed accudiva tutti, anche gli anziani, e prestava aiuto a chi aveva bisogno, infatti, spesso ci si supportava tra vicini con i poveri mezzi allora a disposizione. Grazie a questi esempi, ho maturato la convinzione che la famiglia è tutto e che l’amore dei genitori verso i figli sia la forza più potente che esista. Negli ultimi anni il mio nucleo familiare si è più che raddoppiato: i miei tre figli mi hanno donato ben sette nipotini, spero che questo numero aumenti ancora, intanto, la mia casa è diventata il ritrovo di figli e nipoti, quotidianamente ci incontriamo attorno al tavolo della mia cucina, apparecchiato per 12, 15 tra adulti e bambini, inoltre, i piccoli spesso organizzano a casa dei nonni i “pigiama party”, preceduti da una cena a base di pizza e patatine, amo questa allegra confusione e prego di poter godere del loro affetto per ancora molto tempo, per me è felicità pura, i miei nipoti dicono che non sono vecchia ma “nuova”. Niente mi entusiasma più dei loro baci e abbracci.

Qualche anno fa ho concluso il mio percorso lavorativo, lungo e fruttuoso nonché sempre a contatto con il pubblico, con una bellissima festa, circondata dal personale scolastico, docente e non, e dalle persone care, la fase odierna della mia vita guarda verso il futuro, che per me significa vivere quotidianamente seguendo i principii morali che mi sono stati insegnati dai miei genitori e nonni, inoltre, vorrei trasmettere la saggezza che ho acquisito col tempo e con l’esperienza a coloro che vorranno ascoltarmi.

C’è una parte di me che è poco conosciuta, fin da bambina faccio sogni in cui dialogo con parenti o cari amici defunti, ciò che mi dicono poi puntualmente si avvera, ne sono testimoni i miei familiari a cui racconto nell’immediatezza ciò che ho sognato; questa mia particolare sensibilità mi ha permesso di entrare in amicizia con Natuzza Evolo, la mistica di Paravati, il primo contatto è avvenuto nel 1976, passavo con mio marito da Paravati e lui mi indica la casa di Natuzza, a queste parole sento un brivido e un misto di ansia e timore, allora non conoscevo Natuzza, ne avevo solo sentito parlare. Quella stessa notte in sogno la vidi innanzi a me, dice: “Sono Natuzza, pecchì ti spagnasti oggi?” Le racconto delle sensazioni che avevo pro- vato e lei sorridendo “veni cu mia..” mi conduce in casa e poi mi porta in fondo all’orto, mi dà un oggetto, un portafortuna… “tu non hai nenti… va’ da un medico per l’allergia…”; vedo poi un cumulo di terra in un angolo che, improvvisamente, frana e vedo una gamba di donna, tagliata sotto il ginocchio; questa vista mi impressiona e distolgo lo sguardo, ma Natuzza mi dice invece di guardarla bene perché è la gamba di una mia carissima amica che, se non avesse preso provvedimenti immediati, sarebbe finita così! Appena mi sveglio racconto il sogno a mio marito, il quale minimizza definendolo una mia fantasticheria; la sera andiamo in farmacia e noto che la farmacista, mia intima amica, aveva il viso pallido e tirato, le chiedo cosa avesse e lei risponde di soffrire di un forte dolore alla gamba, solleva la gonna ed io vedo la stessa gamba del sogno… mio marito, scioccato, mi chiede di raccontare il sogno della notte prima, grazie a Natuzza la mia amica ha potuto scongiurare il peggio.

Da allora, ho incontrato Natuzza diverse volte, di presenza e non solo, una volta avevo un grande desiderio di incontrarla ma non ero riuscita ad avere un appuntamento, in sogno mi dice “…non ti preoccupare, ndi vidimu prestu!”, il giorno dopo, mentre stavo pranzando, squilla il telefono ed una collega di Tropea mi chiede di raggiungerla alle 16.00 a Paravati in quanto la persona che doveva accompagnarla si era ammalata, quindi, si era liberato un posto, accettai con immensa gioia poiché avevo il desiderio di chiedere a Natuzza di una mia cara amica che, a seguito di una grave depressione causata da un profondo dolore, si era tolta la vita. Giunta lì, nella sua casa, Natuzza mi abbraccia col suo dolcissimo sorriso dicendo “u vi cavenisti…”, io le chiesi se i miei sogni fossero fantasie o se era lei a venire da me e lei: “su io… quandu mi voi chiamami” , le domando allora della mia amica e le mostro la foto, la guarda e dice: “è salva!… non mi cridi? L’Angelo mi sta dicendo che Gesù misericordioso s’abbrazzau e l’aiutau a fari u grandi passu… e poi, quandu fici u nzanu gestu non era ida pecchì era saurita… l’Angelo dice ca è cuntenta di tutti i rigali chi nci fai ogni misi” infatti, ogni mese le facevo dire una messa, piansi di felicità e ritornai a casa come in estasi.

La vigilia dell’ultimo Natale prima della sua dipartita la ricorderò sempre con commozione, squilla il mio telefo- no di casa, era una mia amica che mi dice: “Una persona vuole farti gli augu- ri…”, sento la sua voce, era lei, la mia cara Natuzza, ho provato una gioia im- mensa e una grande emozione, le chiesi come si sentisse e lei mi rispose: “Bella mia, u tempu mio cu vui è pocu…, quandu io su cu Gesù, vicinu a idu, vui mi chiamati e mi diciti chi voliti… e io tantu pistu finu a chi mi faci a grazia chi mi domandati”, poi mi augura un buon Natale.

Un’altra volta l’ho sognata molto sofferente, che faticava a salire gli scalini di casa per i forti dolori alle gambe, io mi avvicinavo a lei e l’aiutavo; l’indomani, dopo aver acquistato tante bellissime rose, assieme a Costantino Seva, anche lui devoto a Natuzza, ci recammo a Paravati per portare quei fiori all’altare della Madonnina di Natuzza; in seguito andammo a casa sua ma il signore della portineria non ci fece entrare perché sentiva addosso a noi un profumo troppo intenso, tuttavia nessuno dei due quel giorno aveva messo profumo, davanti al cancello incontriamo il sacerdote Don Pasquale Barone, il quale ci racconta che Natuzza non stava bene e soffriva di dolori alle gambe, proprio come avevo sognato la notte prima; secondo Don Pasquale il profumo sentito dal portiere era la stessa Natuzza che ci salutava, nello stesso tempo che mi trovavo a Paravati vicino casa mia è crollato un pino, fino a qualche minuto prima mio marito stava conversando proprio in quel punto con un suo amico e si era allontanato proprio da qualche istante.

Nel mio rapporto con Natuzza spesso lei utilizzava i sogni per dirmi qualcosa, una notte sognai che, assieme alle mie amiche dell’Inner Wheel di Nicotera, eravamo andate a visitare la casa di Natuzza e la chiesa in costruzione, ad un certo punto rimango sola e sento Natuzza che mi chiama, si trovava dietro un pilastro, mi avvicino e l’abbraccio, mi dà un sacchetto di carta marrone all’interno del quale trovo una gon- na lunga e nera di georgette ed una giacca con cappuccio nera bordata di verde, mi dice che dovrò indossarla quando diventerò maestra. Io sorridendo le dico che ero una professoressa ormai in pensione, ma lei mi disse che un giorno avrei capito. In effetti, qualche tempo dopo, mi è capitato di leggere in chiesa un brano dalla prima lettera di San Paolo apostolo ai Corinzi, versetto 28:“…alcuni perciò Dio li ha posti nella chiesa in primo luogo come Apostoli, in secondo luogo come Profeti, in terzo luogo come Maestri.” Sempre in sogno, un’altra volta entro in una stanzetta bianca nel nuovo stabile di Paravati, vedo un lettino e una persona coperta da un lenzuolo bianco, lo sollevo e vedo Natuzza molto sofferente e triste, di fianco a lei su un tavolino c’è un ostensorio e dentro l’ostia vi è una scritta: EGO SUM; mi avvicino a lei e dico: “Hai visto che brutta situazione?” all’improvviso si scatena una tempesta e lei con voce flebile mi invita ad andar via. “E come faccio? Non vedi che tempesta?” E lei mi risponde “Non ti preoccupare: mò scampa!”.

Ho raccontato questo sogno sia a Don Francesco Vardè, parroco della cattedrale di Nicotera, che al Vescovo Luigi Renzo. Sono sicura che la tempesta che stava distruggendo l’opera voluta da Natuzza si stia allontanando. Io credo fermamente che Natuzza abbia svolto un’opera altamente meritoria, sia dal punto di vista umano che spirituale, portando conforto e consolazione a tantissime persone oppresse da problemi più o meno gravi.

Per concludere, vorrei raccontarvi di mio fratello Pino, maggiore di me di 16 anni, era bello, buono, disponibile e molto affettuoso, è stato per me un secondo padre, un maestro amorevole per i suoi piccoli allievi ed anche per me. La sua morte improvvisa mi ha distrut- ta e segnato per la vita… ma lui non ha permesso che la sua sorellina si auto- distruggesse nel dolore, tre mesi dopo la sua scomparsa è venuto a trovarmi per rassicurarmi, mi ha detto che era felice ed era lì per aiutarmi… le sue parole furono: “Mussuneddu mio, non fare cosi, non dirmi queste cose, se tu sapessi quanto è bello…io sono felice e ti aiuto, vi aiuto tutti. Riprenditi e vivi, io ti sarò sempre vicino. Adesso il tempo è scaduto e devo lasciarti.” Mi abbraccia, io lo sento come se fosse vivo, poi sparisce. Io urlo così forte da svegliare tutta la casa, mio marito mi aveva sentito parlare durante tutto questo tempo.

Sono convinta che ci vuole la tristezza per capire la felicità e l’assenza per riconoscere il valore della presenza di qualcuno. Questa esperienza mi è servita per rafforzare la mia fede e mi ha convinta dell’esistenza di una vita eterna senza affanni né dolori, ma solo di gioia e felicità. L’esempio sia di mio fratello che di Natuzza mi hanno insegnato l’umiltà, la virtù di darsi agli altri veramente senza aspettarsi alcuna ricompensa materiale.

Oggi voglio augurare una buona vita a tutti e anche a me che ogni giorno mi rimbocco le maniche e affronto la vita, oggi so che significa la parola “sacrificio”, non mi arrendo mai e affronto la quotidianità con l’intima soddisfazione di sapere che ho accanto veri amici che mi proteggeranno e mi vorranno bene sempre.

Mi sento come un bravo giardiniere che periodicamente pota le sue piante affinché possano avere una crescita armoniosa e una maggiore fertilità, imparia- mo a farlo anche noi cosi potremmo rifiorire.

Delfina Barbieri Caffo MADRINA DEL QUADERNO dell’8 Marzo GRETA

Beatrice Lento

Laureata in Psicologia Clinica, Tropeana per nascita e vissuti, Milaniana convinta, ha diretto con passione, fino all'Agosto 2017, l’Istituto Superiore di Tropea. I suoi interessi prevalenti riguardano: psicodinamica, dimensione donna, giornalismo, intercultura, pari opportunità, disagio giovanile, cultura della legalità, bisogni educativi speciali.

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