Elisa Dattilo: la sindachessa di Jacurso

Elisa Dattilo: la sindachessa di Jacurso

È vero che i ruoli prescindono dal genere, ma è altrettanto evidente come attraverso le parole si possa costruire una più civica segnaletica di direzione: la società è migliore, ogni volta in cui la lingua ha tutte le capacità di migliorarla. Il fatto che “persona” sia così generico da identificare chiunque non semplifica le cose, specie alla luce di un percorso più lineare per alcuni e più accidentato per altri. La categoria ontologica (potremmo chiamarla post-aristotelica, filosoficamente parlando) chiede conto del prezzo di alcune fette sociali, per le quali non tutto è filato liscio come l’olio dal Dopoguerra in avanti.  Storicamente le donne, ancorché culte ed educate, al di là del loro contesto familiare, immiserito da una forbice piuttosto aperta, da Nord a Sud d’Italia, non ebbero una vita facilissima sul piano dell’uguaglianza e questo significa che l’equità distributiva e la giustizia sociale hanno viaggiato a velocità diversa ai quattro angoli della nostra Penisola. In tutto questo è stato tipicamente maschile decidere quale fosse il “bene per una donna. Come non richiamare all’attenzione, a questo punto, Amalia Signorelli quando dice di sé il pensiero di tuttele contemporanee storiche della sua età: «è una vita che mi batto contro persone che appunto perché mi vogliono tanto bene sanno meglio di me ciò che è bene per me». Detto questo, se per l’Accademia della Crusca  è corretto l’uso di termini quali avvocata, magistrata, ministra ed architetta, lo è soprattutto per il lavoro di primo cittadino, la Sindaca, per l’appunto! In passato parole quali maestra, operaia, modella, infermiera, sono passate per lo stesso processo di assimilazione di diritto (senza rovesci). In Calabria, ad onor del vero, ce la siamo sbrigati da soli, coniando la forma “sindachessa”, quasi sessant’anni fa, pensate un po’! Gli studi di De Saussure sarebbero occorsi in soccorso a confortare la convenzione come uso consapevole della forma acquisita, sicurissimamente! Arriviamo ai nostri luoghi, ora! Siamo a Jacurso, nel catanzarese, sulle pendici del monte Contessa, in un belvedere allungato in direzione del pianoro lametino. Il soggetto, in questione, è Elisa Dattilo (1919-1967): donna di spiccata sensibilità bruzia e probabilmente anche un po’ romana per patria d’elezione (ad immaginarcela mentre frequenta, a quei tempi, il Collegio del Sacro Cuore a Trinità dei Monti). Un bagaglio che si fa valigia d’idee al suo ritorno in mezzo ai luoghi natii. La piccola urbe divenne, detto -fatto, il centro del suo mondo nel fervore delle tensioni che già sentiva da lontano: il magnetismo delle radici, raccontano, non tardò a farsi, infatti, impegno politico. Nel 1952 il paese la ingaggiò nel partito della Croce (così passava per la vulgata la storica Democrazia Cristiana): un successo, ne venne eletta sindaco con pieno consenso cittadino. Da antesignana di una nuova generazione” si proiettò storicamente su scelte allora inusuali. In che modo? Partendo innanzitutto dalle sue collaboratrici: come vicesindaco chiamò un’altra donna, Rosa Dattilo e persino un assessore, Vittoria Facciolo. Una leadership tutta femminile, per niente debole, nel nome del gentil sesso: la quota rosa sarebbe venuta molto tempo dopo…I compiti: i più versatili! Quelli di ordinaria amministrazione: le assunzioni del personale per il Comune, il taglio del bosco comunale “Barone S. Giovanni”, la costruzione della strada del “Passo Fossa del lupo”, le eventuali cause legali contro alcune società e naturalmente la votazione dei bilanci di previsione delle entrate e delle spese del territorio.  Insomma, ogni cosa passava sotto la sua supervisione: in tutto ciò, fermare, formare, firmare le cose avranno pure comportato fatiche e confronti d’ogni risma, come succede da sempre, non stiamo parlando di minutaglie! Durante il suo mandato si distinse per aver fortemente sostenuto il diritto allo studio e quello alla salute, senza trascurare nulla di intentato per sortire il risultato desiderato. Molto attenta alla prevenzione, promosse le vaccinazioni contro la tubercolosi, favorendo le colonie estive per le famiglie più povere. Provvide, altresì, a garantire gratuitamente le visite e le relative cure sanitarie a coloro che ne avevano bisogno in ottemperanza all’ art. 32 della nostra Costituzione che sancisce che “la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività. Forte di queste convinzioni nel 1953 ottenne l’approvazione di un progetto (ben 12 milioni di lire!),finanziato dal Ministero dei Lavori pubblici per realizzare la rete idrica e fognante del paese che, come tutti sappiamo, è una condizione ineludibile per la salute pubblica. L’igiene, si sa, è prevenzione, cioè profilassi: lo sappiamo mediaticamente per bombardamento mediatico in questi ultimi tempi di Covid-19, non è vero!? Tetragona nel carattere, proprio così! Si sollevò abbastanza facilmente dai timori con i Ministri d’allora a difesa della collettività: gli onorevoli Foderaro, Cassiani, Galati, La Russa, ricordandone solo alcuni. Basta la stima di Margherita Riga nei suoi confronti a definirla come bussola di orientamento in non poche circostanze. La “sindachessa”, come la chiamavano i compaesani, terminò il suo mandato a causa delle dimissioni di alcuni consiglieri che la fecero andare in minoranza. Ai margini, tuttavia, non restò mai la sua dottrina sociale: da Componente del Comitato cittadino del CIF (Centro italiano femminile) e Membro dell’Associazione “Maria Cristina di Savoia” promosse insieme ad altre giovani signore numerose iniziative benefiche e di solidarietà fino alla sua prematura scomparsa, poco prima del clima sessantottino, che avrebbe investito successivamente tutta la nostra Nazione.  Una curiosità, che la fregia di un’ulteriore menzione d’onore: fu tra le prime donne anche a prendere la patente, guidando una Belvedere per portare i figli al mare o in città. Da Ernestina Prola, che è la prima signorina al volante (correva l’anno 1907), ai giorni nostri, la licenza di guida per il fiocco rosa si è lentamente caricata a carbonella: non è così zuccherina la realtà cinematografica quando ci presenta quelle deliziose pellicole avanguardistiche con Marylin Monroe o Greta Garbo. Lì la proiezione non coincide con l’identificazione di quanto succede fra la gente comune: lo shop da rubacuori, ahinoi, sa inflazionare le copertine editoriali, e molto spesso per battere cassa sull’eccezionalità del momento, già!  Col mercato si è mercanteggiato troppo sulla pelle dell’humanitas: ecco perché rivendico i diritti delle nostre madri. Elisa, come matrona meridiana, ci rammemora, invece, che la produttività è pensiero colato come l’oro. Lei al plurale è diventata loro per quanto di buono e giusto è venuto fuori dal selciato di un buon esempio come il suo. Ai posteri l’ardua sentenza…si dice nel 5 maggio manzoniano: a 5 giorni dal compleanno di lei, il verso del Milanese si fa augurale per la nostra Calabrese in tutte le forme di emancipazione. Auguri a tutte, mi va di chiosare, lasciando aperte storie belle come questa…

FRANCESCO POLOPOLI

Beatrice Lento

Laureata in Psicologia Clinica, Tropeana per nascita e vissuti, Milaniana convinta, ha diretto con passione, fino all'Agosto 2017, l’Istituto Superiore di Tropea. I suoi interessi prevalenti riguardano: psicodinamica, dimensione donna, giornalismo, intercultura, pari opportunità, disagio giovanile, cultura della legalità, bisogni educativi speciali.

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