Il puzzle dell’Alzheimer
Le ricerche sulla forma ereditaria dell’Alzheimer (la più rara) condotte dalla studiosa calabrese non si eseguivano solo in laboratorio, ma anche negli archivi comunali, in quelli degli ospedali «e negli Status Animarum, che funzionavano come una sorta di censimenti fatti nel periodo pre-pasquale per essere sicuri che i parrocchiani andassero poi a confessarsi e a comunicarsi. Erano riportate su quei registri le composizioni dei nuclei familiari, rendendo così molto più facile la ricostruzione genealogica – racconta la Bruni – Grazie a parroci particolarmente zelanti, trovavamo a margine addirittura le cause di morte. Non che questo ci servisse per fare diagnosi, le cause di morte non sono mai state attendibili, ma ci servivano invece per escludere la diagnosi. Sapere che una certa persona era morta a 45 anni precipitando da una rupe o in corso di vaiolo, per noi fceva la differenza». È così che nella chiesetta del rione San Teodoro di Nicastro, è stato possibile risalire a Vittoria G, che andò in sposa a Domenico M. il 6 ottobre 1737. Partorì 9 figli e morì all’età di 43 anni. Era la prima trasmettitrice obbligata della malattia, appartenente all’ enorme “famiglia N”, quella con cui i ricercatori hanno indicato il gruppo di malati riconducibili all’area di Nicastro. E da cui discenderanno tutti i 76 ammalati dell’Alzheimer ereditario, a esordio precoce, sparsi nel mondo, valutati dalla Bruni e dai suoi colleghi coinvolti delle ricerche.
Il puzzle dell’Alzheimer
Un puzzle composto attraverso verifiche, comparazioni, teoremi statistici e controlli incrociati. Jean François Foncin, neuropatologo alla Salpetrière di Parigi si ritrova per le mani un articolo su alcuni casi descritti da Robert Feldman (neurologo a Santa Fe), come quello di Caterina. Nel testo sono contenuti i ringraziamenti all’Ufficiale di Stato Civile di Catanzaro. I sintomi sono sorprendentemente uguali a quelli osservati dal medico francese su una sua paziente, Maria, 42 anni, che dopo aver partorito il suo ultimo figlio, ha cominciato ad avere importanti variazioni del comportamento. Il marito riferisce che nella famiglia di sua moglie “tutti muoiono con gli stessi sintomi”.
Caterina invece era morta a 38 anni. Ma la sua storia era continuata: una figlia, emigrata in America, aveva portato e trasmesso ai discendenti (anche loro poi studiati da Feldman) il gene mutato della malattia. È così che la famiglia N (chiamata N da Nicastro) acquista un ramo americano. Caterina era la mamma di Angela. A ricostruire la storia è Cecilia Amalia Bruni che si imbatte per caso (ecco la serendipity) in alcune lettere scritte da Foncin dopo la lettura della pubblicazione del collega americano. Chiedeva alle strutture di Lamezia collaboratori per lo studio della famiglia emigrata a Parigi. Cecilia Amalia Bruni lo contatta. Ha a disposizione le cartelle cliniche dell’ex Op di Girifalco. Incastra un pezzo nell’altro: Caterina è la madre di Angela. Maria entra della discendenza 60 anni dopo.
Da Calabriacult