In questa storia io non mi ritrovo
Ho letto con sconcerto la storia di Rossana, 62 anni , che “sfortunatamente” ha fatto carriera. Oggi svolge un ruolo di prestigio eppure si sente in trappola perché da quando é nata la figlia di sua figlia vorrebbe starle accanto, dedicarle tempo.
Lei dice che ama il suo lavoro, gestisce un’ azienda informatica di 35 persone e gode l’orgoglio di avercela fatta, la stima e l’ affetto dei suoi collaboratori, la completa fiducia dei proprietari, il successo delle sue azioni. É figlia di una donna che ha sempre lavorato, figlia di una madre che ha fatto altrettanto eppure…
“Sono incatenata ai tempi stretti dell’azienda, agli obiettivi di risultato, a questo esser leader che non contempla la necessità degli amori. E cerco di recuperare tutto nel weekend”
Rossana ha un marito, anche lui dirigente, licenziato a 60 anni, che si aggrappa a lei e basta:” …diciamoci la verità, quando succedono queste cose hai voglia che un marito, visto che é a casa, ti sollevi almeno del grosso delle faccende domestiche … non é così…”
” Ma io mi chiedo: quando le nostre madri ci hanno insegnato a credere nel lavoro perché il lavoro ci rende libere intendevano questo?”
Rossana lamenta anche che in pensione le donne vadano sempre più tardi.
In questa storia io non mi ritrovo per niente …forse la differenza della mia esperienza di donna manager, felice di aver rotto il soffitto di cristallo, di barcamenarmi tra lavoro e famiglia e restia ad andare in pensione, é nell’ avere accanto un uomo con cui ho sempre condiviso tutto. Sono certa che da rivendicare sia proprio l’equa divisione dei tempi di lavoro e di cura familiare perché il mondo va cambiato da donne e uomini insieme.