Lee Krasner

Lee Krasner

Grande pittrice, pioniera dell’espressionismo astratto, donna coraggiosa, artista visionaria. Lee Krasner è stata tutto questo, eppure viene regolarmente relegata al ruolo limitante di moglie di Jackson Pollock. Una retrospettiva al Barbican, la prima in Europa da oltre mezzo secolo, punta ora a far uscire la Krasner dall’ingombrante ombra del marito e darle il ruolo da protagonista che si merita.
“Lee Krasner: Living Colour” riunisce 100 opere, gran parte delle quali da collezioni private e mai viste prima in Europa, ripercorrendo in ordine cronologico l’iter dell’artista.

Nata a Brooklyn in una famiglia di ebrei ortodossi esuli dall’Ucraina, a 14 anni aveva deciso che sarebbe stata un’artista. Cambiato nome da Lena al più androgino Lee, era riuscita a entrare nelle migliori accademie di New York. Le prime opere, autoritratti e disegni mostrano la sua mano felice e la sua capacità di sperimentare.
Il suo insegnante di disegno come “complimento” le aveva detto che le sue opere erano “talmente belle che non si direbbe che sono state fatte da una donna”. Quando Krasner e Pollock si erano conosciuti e innamorati a New York nel 1941 lei era già un’artista affermata, ammirata da Piet Mondrian per il “ritmo” delle sue composizioni.

Dopo il matrimonio Pollock diventò sempre più famoso e tormentato, entrando nella spirale autodistruttiva che lo avrebbe portato a una morte prematura. Mentre il marito creava i suoi celebri quadri nel grande studio, lei dipingeva piccole, intense tele in camera o in salotto. Quando nel 1951 una sua mostra era stata un insuccesso e non aveva venduto nessun quadro, aveva strappato i disegni e tagliato le tele e poi le aveva ricomposte creando collage dinamici. Per tutta la vita è tornata a esaminare e a volte distruggere le opere del passato per poi incorporarle in nuovi quadri, dando loro nuova vita e significato.

Lee Krasner al Barbican di Londra

Nel 1956 la Krasner era partita da sola per un viaggio in Francia. A Parigi aveva ricevuto la telefonata con la notizia che Pollock, ubriaco al volante, era morto schiantando l’auto contro un albero. Diventata vedova, stremata dal dolore e dal rimpianto, restava un’artista. A chi le chiese come avesse fatto a tornare nello studio a dipingere così presto, rispose che dipingere per lei era vivere: “Sono viva, quindi dipingo”.

Soffrendo di insonnia, all’inizio ha lavorato nello studio che era del marito solo di notte, dipingendo opere in bianco, nero, ocra e grigio. Privata della luce naturale e del paesaggio, ha guardato dentro invece che fuori, concentrandosi sulle sue sensazioni e creando “da un posto molto buio”. 
Superati gli anni del dolore più intenso il senso di libertà, forse liberazione, della Krasner è visibile nella seconda parte della mostra, gli anni dopo Pollock: quadri spesso giganteschi, pieni di vitalità e movimento, saturi di colore, dinamici e con un ritmo quasi musicale. Lei l’ha definita la sua palingenesi: “Sono emersa di nuovo verso la vita e il colore. Il colore è la vita”. Le tele sembrano cantare uno straordinario inno alla vita. Il termine espressionismo astratto avrebbe potuto essere inventato per lei.
Nell’ultima sala della mostra c’è un video di interviste con la Krasner ormai anziana, che sintetizza così la sua vita: “Ero una donna, ebrea, vedova, una pittrice maledettamente brava, se non vi dispiace, e un po’ troppo indipendente”. La mostra del Barbican è una trionfale riscoperta di una grande artista.

Beatrice Lento

Laureata in Psicologia Clinica, Tropeana per nascita e vissuti, Milaniana convinta, ha diretto con passione, fino all'Agosto 2017, l’Istituto Superiore di Tropea. I suoi interessi prevalenti riguardano: psicodinamica, dimensione donna, giornalismo, intercultura, pari opportunità, disagio giovanile, cultura della legalità, bisogni educativi speciali.

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