Marie
Marie sotto shock, è costretta a ripetere il racconto all’infinito, prima a un poliziotto, poi a un ispettore, poi in centrale. Nessuna attenzione per il suo stato psichico del momento, per la ovvia confusione mentale che può derivare dall’aver subito per ore una violenza sessuale in casa propria. Dal sentirsi terrorizzata, sola impaurita. “Meno male – dice a un certo punto uno degli ispettori – stavolta è durata poco, ha ammesso subito di essersi inventata tutto” e alzando le spalle cita due o tre casi di donne che hanno “inventato” storie di abusi per poi ritirare le denunce.
I dati e le testimonianze mostrano che gli iter giudiziari lunghi e complessi, le difficoltà che le donne si trovano ad affrontare nel momento in cui decidono di denunciare, la scarsa preparazione dei magistrati (in Italia solo il 13% ha una formazione specifica per trattare i casi di violenza di genere) portano a un gran numero di denunce ritirate, donne che non riescono a portare a fondo l’iter processuale, complice anche un contesto sociale e familiare che spesso non sostiene e aiuta il percorso di uscita da situazioni di violenza, soprattutto se domestiche.
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