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DOMINAE si conclude: appuntamento all’edizione 2024

DOMINAE, rassegna  di donne valorose di sos KORAI ODV,  si conclude dando appuntamento all’edizione 2024

Giunge al termine la prima edizione di DOMINAE, la rassegna di donne valorose realizzata, a Tropea, da sos KORAI, l’organizzazione di volontariato per i diritti della Donna presieduta da Beatrice Lento. 

Tutto ha concorso a rendere esclusivo l’evento a partire dal luogo che l’ha accolto: la splendida Cappella dei Nobili, situata accanto all’attuale sede del Comune, un tempo Collegio dei Gesuiti, eretta tra la fine del 1500 e gli inizi del 1600.

L’iniziativa ha preso le mosse dalla considerazione che troppo spesso il contributo delle voci femminili viene trascurato, oscurato, trafugato dai maschi, per calcolo, opportunismo e ignoranza per cui é importante recuperarlo e diffonderlo.

Tre gli appuntamenti del festival, collocati negli ultimi tre giovedì di Marzo, mese tradizionalmente legato alla donna per la presenza della Giornata Internazionale a lei dedicata. 

A presentarsi sulla scena tre creature femminili diversissime tra di loro ma unite da un filo conduttore: la trasgressivitá rispetto ai modelli stereotipati della donna. Sibilla Aleramo, Simone Weil e Rosa Balistreri, sebbene connotate da interessi diversi: la letteratura, la filosofia e la musica, esprimono un modello di donna lontano dalle immagini scontate dell’essere femminile che si realizza principalmente attraverso i ruoli di madre e di moglie e danno un importante contributo al dibattito sulla questione femminile. 

Tutte e tre sono delle Dominae: donne coraggiose, protagoniste della loro vita grazie a una carica eccezionale di resilienza che tempra e rafforza le loro personalità trasformando in occasioni di crescita le disavventure dell’esistenza. 

A presentare gli incontri i soci di sos KORAI Pasqualina Del Mastro, Maria Domenica Ruffa e Dario Godano 

A introdurre  Sibilla, Bruna Quattrone, Docente di Lettere al Liceo Classico

“Pasquale Galluppi” di Tropea, a narrare Simone  Angelo Stumpo, Filosofo e Dirigente Scolastico dell’Istituto Comprensivo “Buccarelli Garibaldi “ di Vibo Valentia, mentre a raccontare, suonare e cantare Rosa,  Lucia Quattrocchi, Docente di Religione al Liceo Scientifico “G. Berto” di Vibo Valentia, e Caterina Timpano, Docente di Matematica  all’ ITIS “M. M. Milano” di Polistena, entrambe musiciste, componenti del coro della Parrocchia di Vibo Marina, rispettivamente Direttrice e Vicedirettrice.

La Prof. Quattrone ha evidenziato il testamento spirituale dell’Aleramo: “Non so se sono stata donna, non so se sono stata spirito. Sono stata amore.”, una Domina che si è distinta non solo per le sue doti di scrittrice ma anche per la straordinaria sensibilità con cui ha descritto l’animo femminile, acuita, sicuramente, dalla peggiore esperienza che una donna possa subire, lo stupro. Sullo sfondo la bandiera del Femminismo che trova il manifesto ideale nel suo romanzo più famoso, “Una donna”.

Il Filosofo Stumpo ha rimarcato come l’essere donna di Simone Weil si sia manifestato con la volontà di porsi alla pari: lavorava in fabbrica, si arruolava nella guerra civile spagnola, prendeva posizioni chiare nel dibattito intellettuale. Non si preoccupava dell’aspetto esteriore, Simone non sentiva il bisogno di conformarsi alle ragazze della sua età ma voleva capire come migliorare le condizioni sociali di chi viveva sotto il peso del potere: una vera Domina.

Le Prof. e Musiciste Quattrocchi e Timpano, da vere artiste, hanno portato in scena Rosa, la cantante più famosa della Sicilia, e il suo inno di denunzia, di forza, di reazione. La loro interpretazione, recitata e cantata, ha accompagnato le anime dei presenti nel cuore della Balistreri  grazie al suono della sua chitarra, una Yamaha dalle corde di metallo, e ai suoi canti a cui non si può rimanere indifferenti. Tra le pareti dorate della Cappella dei Nobili si é materializzata la terra arsa di Sicilia, la bambina scalza, la donna violentata, delusa, indignata, offesa e amata, l’indomita cantastorie di Licata, anticonformista ed emancipata che ha trattato con estremo coraggio temi scottanti: anche lei una Domina.

La Rassegna di donne valorose di sos KORAI ODV, patrocinata dal Comune di Tropea, che ha ottenuto anche l’apprezzamento degli Istituti Superiore e Comprensivo cittadini oltre che della Pro Loco, ha registrato un grande successo di pubblico, tra cui anche una componente studentesca, che ha seguito con continuità i tre appuntamenti intervenendo nel dibattito successivo alle introduzioni degli esperti. L’atmosfera raccolta e preziosa della Cappella dei Nobili, che ha ospitato la Rassegna,  grazie alla vicinanza della Confraternita Nobile dei Bianchi di San Nicola e del suo Priore Giuseppe Romano, ha offerto il clima adatto ad un’intensa colloquialitá tra gli intervenuti che ha reso le riunioni vere occasioni di arricchimento reciproco. 

La finalità della Rassegna DOMINAE non è stata semplicemente in termini di omaggio alle tre Donne Valorose ma ha voluto rimarcare l’importanza di intervenire consapevolmente sui processi educativi eliminando i pregiudizi che limitano ancor oggi la donna nella possibilità di esprimere liberamente i suoi talenti. 

É un’operazione essenziale se si vuole offrire all’umanità intera, e non solo alle donne, l’opportunità di mettere a frutto tutte le risorse degli esseri umani senza sciocche e mortificanti discriminazioni di genere. 

Forse le derive infelici che oggi viviamo in termini di conflittualità, di violenze, di sconvolgimento ecosistemico e di tanto altro possono essere arginate e superate se i talenti femminili non vengono più ostacolati e s’istaura una civiltà rinnovata nel segno della pari dignità di genere.

DOMINAE 2023 si conclude nel successo e già da ora incomincia a prepararsi per l’ edizione 2024.

La Presidente di sos KORAI ODV

Dott.ssa Beatrice Lento 

Beatrice Lento

Bice e Maria di Tocco le Partigiane di Tropea

Al Sindaco di Tropea Giovanni Macrì perché la Città abbia memoria di due valorose tropeane!

sos KORAI e La Calabria delle Donne ricordano le partigiane tropeane Bice e Maria di Tocco

É stata una fortunata casualità ad avviare il percorso di riappropriazione comunitaria della meritoria vicenda umana di due donne tropeane che, aderendo alla Resistenza contro il nazifascismo, hanno contribuito alla lotta non solo per la libertà ma anche per un’Italia più civile, più democratica, capace di spingersi verso una cultura di parità, di uguaglianza e di rispetto degli altri.
L’Organizzazione Di Volontariato sos KORAI, presieduta da Beatrice Lento grazie ad un’accurata ricerca, alimentata dalle preziose informazioni dei familiari, ha ricostruito la storia delle due valorose e, nell’ambito de La Calabria delle Donne, Festival del Genio Femminile Calabrese, che ha in Mariangela Preta la Direttrice Artistica, ha narrato agli Studenti dell’Istituto Superiore di Tropea, diretto da Nicolantonio Cutuli, la loro straordinaria avventura di libertà.
Bice e Maria di Tocco, erano le figlie maggiori di Ignazio e Aurora Scrugli, nati entrambi a Tropea a fine Ottocento, che, sposatisi nel 1921, si erano trasferiti a Torino dove Ignazio era ufficiale degli Alpini. Aurora volle far nascere nell’amata terra d’origine i quattro figli, così Beatrice, detta Bice, la primogenita, vide la luce a Reggio Calabria nel 1922, Maria a Vibo Valentia nel 1925, Orsola a Tropea nel 1926 e Antonio, unico maschio, anche lui a Tropea nel 1929.
Durante i feroci bombardamenti su Torino, degli inizi del ‘43, la famiglia venne sfollata ad Agliano, a circa 19 km da Asti. Dopo l’8 settembre il colonnello di Tocco rifiutò di aderire alla Repubblica Sociale Italiana per cui fu posto agli arresti domiciliari e, per una seria cardiopatia, aggravatasi a causa delle tensioni vissute, nel 1944 cessò di vivere. I suoi resti mortali, tumulati nel cimitero di Agliano, furono poi traslati a Tropea dalla moglie.
I fratelli Bice, Maria e Antonio entrarono nel movimento partigiano con una motivazione sconvolgente, nella sua lapidaria incisività, non c’era altro da fare, la scelta era obbligata: lottare per la libertà e la giustizia…nelle loro considerazioni non emerse mai una parola d’odio. La sorella Orsola non condivise la loro straordinaria avventura, che aveva le radici nell’educazione familiare e nel coraggio del padre pienamente condiviso dalla madre, solo perché era rimasta a Tropea con lo zio materno Ottavio Scrugli e la moglie Ines Russo Caputo che l’avevano adottata non avendo avuto figli.
Appartenevano alla formazione partigiana IX Divisione Garibaldi “Alarico Imerito” comandata da Giovanni Rocca, nome in codice Primo, a cui Antonio, giovanissimo, faceva da scorta imbracciando uno sten, un mitra inglese a canna corta.
Bice, nome in codice Beba e Maria, chiamata Prima, erano staffette, il loro compito consisteva nel portare informazioni, armi, viveri, esplosivo…stabilendo collegamenti tra i vari gruppi partigiani. Staffette è il titolo di un toccante documentario realizzato per la RAI dalla figlia di Maria, Paola Sangiovanni. Il filmato mette in luce le sofferenze patite da molte di loro ed evidenzia il loro grande sogno di libertà e di emancipazione femminile. Il titolo Staffette è provocatorio perché certa storia maschilista ha usato il termine con tono riduttivo mentre, in realtà, attraversando a piedi e in bicicletta i boschi era alto il rischio di incontrare posti di blocco e più volte le ragazze furono fermate dai repubblichini, rischiando violenze, il carcere, torture e deportazioni a Ravensbrück, il più grande campo di concentramento femminile, a 90 km da Berlino
Nella loro casa Bice, Maria e la madre Aurora ospitarono più volte gli incontri dei Gruppi di Difesa delle Donne, diretti da Caterina Picolao, che miravano a unire e a dare consapevolezza del momento vissuto e dell’importanza della lotta, come testimonia Marisa Ombra, Dirigente dell’Unione Donne Italiane, Grande Ufficiale della Repubblica, scomparsa nel 2019.
La loro casa diede anche rifugio a partigiane in pericolo tra cui Claudia Balbo, nome di battaglia “Breda“, che trasmise a Bice la scabbia, frequente tra chi, come i partigiani, viveva in clandestinità.
La casa di Agliano, narrata con nostalgia dalle due valorose, aveva al centro del piano terra una botola coperta da un tappeto, nascondiglio per armi, munizioni, volantini, viveri e per gli stessi partigiani in momenti di pericolo. Ad essere custodita nel nascondiglio era anche la seta dei paracadute inglesi, perfetta per confezionare le camicie dei resistenti. Il segnale convenuto tra i partigiani della zona, che dava il via alla possibilità d’incontro, era un fischio di quattro note che sembrava riprodurre il nome “Aristide“.
Dopo la Liberazione Bice, ritornata a Tropea, sposò giovanissima il tropeano Franco Coccia, professore di Lettere, ed ebbe cinque figli, Maria si unì in matrimonio con Nino Sangiovanni di Mileto, che fu anche segretario di Saragat, ebbe tre figli e fu Dirigente Nazionale dell’Azione Cattolica.
Le due sorelle di Tocco erano creature assai sensibili e riservate, segnate dalle sofferenze patite non parlarono della straordinaria impresa vissuta, successivamente si aprirono alla testimonianza solo in famiglia e, per modestia, né loro né i familiari ne hanno fatto mai menzione pubblica prima d’ora. Ma c’é un tempo per il silenzio così come c’é un momento in cui il cuore è pronto per il ricordo condiviso.
La loro impresa eccezionale, così come quella di altre partigiane, sembrava essersi persa finché il caso favorevole ha fatto sì che il loro eroismo venisse alla luce. Riconoscerlo, valorizzarlo e offrirlo alla comunità significa arricchire la nostra storia, rafforzare il senso d’appartenenza e proporre a tutti, particolarmente alle giovani generazioni, modelli validi di riferimento per guardare all’oggi e al domani con maggiore fierezza e fiducia.
Due bellissime, giovani donne, a cui nulla sembrava mancare nella sicurezza di una famiglia agiata e affettuosa, raccolgono la sfida che si presenta e scendono in campo per dimostrare che nessun compito é precluso alla donna e che la donna non ha niente in meno dell’uomo in termini di forza, di coraggio e di determinazione.
Il loro sogno di libertà fu il sogno di tante altre che entrarono sulla scena della storia da protagoniste e dimostrarono che quando uomini e donne sono stati insieme, come nella Resistenza abbiamo vinto.
Ecco perché sos KORAI, Organizzazione Di Volontariato per i diritti della Donna, é orgogliosa di aver contribuito a questo prezioso recupero identitario avviato con gli Studenti dell’ultimo anno di corso dell’Istituto Superiore di Tropea anche con il contributo dei familiari presenti all’incontro.
Un ringraziamento caloroso va alle famiglie di Tocco, Scrugli, Sangiovanni e Coccia che, con fiducia, hanno offerto le informazioni necessarie alla ricostruzione delle vicende e al prof. Luciano Meligrana che, il 14 gennaio u.s., quale partecipante al seminario Anthropos sulla Resistenza al femminile, ha fatto menzione delle sorelle di Tocco divenendo la scintilla fortunata di una ricerca fruttuosa.

Tropea 15 Marzo 2023
La Presidente di sos KORAI ODV
Beatrice Lento

Beatrice Lento

LE CALABRESI TACIUTE Maria e Bice Tocco Partigiane di Tropea

Lunedì 13 Marzo, alle ore 9,00, nella sede dell’Istituto Tecnico Turistico di Tropea, un incontro con tutti gli Studenti dell’ultimo anno di corso dei vari Indirizzi di Studio dell’Istituto d’Istruzione Superiore di Tropea. L’ evento fa parte del Festival LA CALABRIA DELLE DONNE, direttrice artistica Mariangela Preta, che, quest’anno, giunge alla sua seconda edizione. Tema della rassegna Le Donne tra Istituzioni e Politica.
Beatrice Lento, Presidente di sos KORAI, Organizzazione Di Volontariato per i diritti delle donne, discuterà sul tema con i giovani dopo aver parlato della Resistenza contro il nazifascismo da parte delle donne calabresi che furono partigiane. In particolare traccerà il profilo di due donne tropeane che fecero le staffette e di cui, fin’ora non si era avuta notizia.
Maria e Bice Tocco, o di Tocco, erano figlie di Ignazio, colonnello dell’esercito di stazza a Torino, e di Aurora Scrugli, sorella della ben nota Serva di Dio Irma. I particolari relativi alle loro storie, raccolti grazie al contributo dei familiari, verranno resi noti dopo l’incontro.
Ai nostri giovani il privilegio di conoscerne per primi la storia con l’augurio che il loro eroismo rimarchi ancor di più il valore della Libertà e della Democrazia.

Beatrice Lento

Presidente di sos KORAI ODV

Beatrice Lento

Consuntivo di un 8 Marzo nel segno del Quaderno di sos KORAI JOLE

Entrare al Santa Chiara vestito a festa con il drappo rosso e oro, le pareti colorate da meravigliosi dipinti di donne e l’atmosfera delle grandi occasioni é giá un batticuore quando poi ti affacci dal portone e vedi una fila lunghissima di ospiti pronti ad entrare diventa difficile mantenersi lucidi. 

Questo é accaduto ieri quando all’ora concordata ci siamo ritrovati per celebrare insieme la Giornata Internazionale della Donna col Quaderno dell’8 Marzo di sos KORAI 2023. Diciassette le meravigliose donne che si sono narrate, direttamente o attraverso familiari e amici, tutte calabresi o che in Calabria hanno speso buona parte della loro vita. Grazie a loro, e alle altre donne, “cittadine“ dei tre Quaderni precedenti, ha iniziato a prendere forma un’identità regionale collettiva femminile intessuta di tradizioni e atteggiamenti di segno decisamente opposto rispetto agli stereotipi sul genere femminile, ancor più odiosi nei contenuti se riferiti a donne calabresi. 

Il conduttore, Angelo Stumpo, nostro socio, é riuscito a manovrare abilmente  i tantissimi fili sulla scena realizzando un intreccio affascinante e prezioso dal punto di vista culturale e soprattutto sul piano dei sentimenti

Molti i momenti particolarmente toccanti, tra questi la testimonianza del Sindaco di Tropea, Giovanni Macrì, che ha tracciato il profilo di Jole Santelli, la prima Donna Presidente della nostra Regione, a cui il quarto Quaderno é dedicato, evidenziando il suo legame fortissimo con Tropea e l’amicizia che li univa; i doni che un gruppo di donne ucraine, vicine all’associazione, ha voluto porgere ai relatori attraverso i propri bambini; l’interpretazione appassionata di stralci dei racconti del Quaderno da parte dell’attrice Noemi Di Costa, il concerto di musica antica, eseguito da tre artisti d’eccezione quali Maria-Lisa Geyer, Riccardo Parravicini e Cristiano Brunella, in cui il suono dell’Organo Portativo e della Fidula é stato lo sfondo ideale per la voce angelica della Soprano. 

Grande emozione ha suscitato anche la presenza, in prima fila, di Anna Petruzza, splendida e scattante ragazza del 1928, la cui avventurosa esistenza di “Mammina” di Briatico é racchiusa nel Quaderno, venuta appositamente da Milano a gustare l’emozione del momento, circondata dai figli giustamente orgogliosi del suo valore.

Non sono mancati i riferimenti all’attualità che vede la lotta coraggiosa delle donne iraniane, le importanti conquiste conseguite di recente dal genere femminile e il riferimento inevitabile alle donne che cercano di assicurare la vita ai propri figli fuggendo da guerre e violenze d’ogni tipo anche col rischio di infrangere per sempre il proprio sogno nel mare, com’é dolorosamente accaduto a Cutro.

La problematica della Parità di Genere é stata affrontata mettendo in evidenza i cattivi frutti della cultura patriarcale che, attraverso i processi educativi, paradossalmente gestiti in grande parte dalla donna con autolesionismo di genere inconsapevole, tentano di contaminare le coscienze delle giovani generazioni, perpetuando l’immagine di un essere femminile ancorata al cliché dell’angelo del focolare: la donna amorevole e accogliente ma sostanzialmente fragile, dominata dalle emozioni e quindi inaffidabile e inferiore all’uomo. 

Si è anche ribadita la strada da percorrere per un’autentica emancipazione che é fatta di sapere, di educazione, di indipendenza economica, di strutture sociali di supporto alla famiglia e di informazione scevra di misoginia. 

É importante liberarsi dal mito della virilità come supremazia e pensare che non esistono status naturali di superiorità, non esistono diritti al controllo né doveri di sottomissione. Liberiamo i nostri corpi, le nostre teste, i libri, i giornali, le favole, le materie di studio, gli sport da tutti i pregiudizi limitanti. Solo così potremo crescere in civiltà perché riusciremo a mettere a frutto tutti i talenti del genere umano senza assurde limitazioni.

A dare un contributo significativo all’incontro anche l’Editore Mario Romano, il Presidente della Consulta Pino Romeo e il Direttore Artistico della mostra di dipinti, anticipata rispetto alla prossima inaugurazione ufficiale, in omaggio all’8 Marzo, Emanuele Bertucci.  

Presenti col cuore le sorelle di JOLE, Roberta e Paola Santelli, che hanno inviato un emozionante messaggio così come Delfina Barbieri, Madrina del Quaderno, e Pippo Caffo, Presidente del Gruppo Caffo 1915, che, ancora una volta, é stato al nostro fianco donando la produzione del Quaderno. 

La soddisfazione più grande per noi di sos KORAI ODV é quella di essere riusciti nell’impresa di far divenire La Giornata Internazionale della Donna un momento condiviso con gioia dalla comunità e il Quaderno dell’8 Marzo un incontro gradito con tante donne che, a volte idealmente ma sempre in maniera incisiva,  continuano ad essere vitali, ecco perché mi sento di confermare che tutte le meravigliose donne del nostro Quaderno sono autentiche ambasciatrici di emancipazione e civiltà!

La Presidente di sos KORAI ODV

Dottoressa Beatrice Lento 

Beatrice Lento

La Giornata Internazionale della Donna a Tropea col Quaderno dell’8 Marzo di sos KORAI ODV

L’8 Marzo a Tropea con il Quaderno di sos KORAI ODV

Dal 2018 la Giornata Internazionale della Donna si identifica, a Tropea, col Quaderno dell’8 Marzo realizzato dall’Organizzazione di Volontariato sos KORAI ODV, col Patrocinio del Comune. 

La pubblicazione, ogni anno, raccoglie storie di donne calabresi o, comunque, legate alla nostra terra, che con i loro vissuti tracciano l’identità della regione e, nel contempo, evidenziano il processo dell’emancipazione femminile che in terra di Calabria non è rimasto indietro.

Il Quaderno é un modo singolare di celebrare l’importante ricorrenza perché, oltre ad essere promotore di riflessioni sulla problematica femminile nella sua complessità, fa il punto della situazione regionale ripercorrendo vicende che coinvolgono l’intera umanità calabrese.

Un viaggio attraverso il tempo femminile che mette in luce costumi e usanze, rituali e tradizioni. Sono donne variopinte che innalzano il vessillo dell’incontro e della condivisione, tipico della terra più “mescolata” d’Italia. Il loro legame con i momenti più importanti dell’esistenza, quali la nascita e la morte, e la loro empatia le fa muovere in uno spazio surreale che, nonostante l’opprimente retaggio della cultura maschilista, carico di pregiudizi misogini, le trasforma in creature nobili e dignitose. Vengono in mente le contadine del nostro grande Maestro Albino Lorenzo che, sebbene curve nella fatica dei campi, conservano la fierezza e l’imponenza delle antiche matrone.

La produzione dell’opera é realizzata negli stabilimenti della  Romano Arti Grafiche ed é una donazione del “Gruppo Caffo 1915”. Madrina del Quaderno Delfina Barbieri Caffo, direttrici artistiche Anna Maria Miceli e Beatrice Lento che è anche la curatrice della pubblicazione e la presidente dell’organizzazione di volontariato.

La celebrazione della speciale giornata, che vedrà l’omaggio del Quaderno a tutti i partecipanti, si svolgerà al Santa Chiara di Tropea, a partire dalle 17,30, sarà condotta da Angelo Stumpo, socio del sodalizio, mentre Alessandra Giuliana Granata, anche lei socia, presenterà gli esclusivi intermezzi musicali, dal tema “La donna: icona e musa nell’amor cortese”, che vedranno l’esibizione della Soprano londinese Maria-Lisa Geyer, accompagnata da musicisti d’eccezione, i Maestri Riccardo Parravicini e Cristiano Brunella, all’organo portativo e alla fidula, mentre all’attrice Noemi Di Costa il compito di interpretare gli stralci dei racconti.

Nella ricerca delle donne dell’edizione 2023 si è privilegiata la voglia di non rinunciare ad essere protagonista del proprio tempo. Le diciassette creature che si sono presentate all’appuntamento, infatti, sono diversissime ma tutte ambasciatrici di se stesse e del proprio genere, sono donne che non si fermano ma pretendono di continuare ad essere ancora messaggere. Tra tutte Jole, la prima Donna Presidente della Calabria, a cui il Quaderno é dedicato, che, col sorriso e la caparbietà, ha evidenziato il volto bello della nostra terra e ha dimostrato che con l’amore si continua a vivere anche dopo la fine terrena.

Come presidente di sos KORAI ODV é sentito, oltre che dovuto, il mio ringraziamento a tutti coloro che hanno contribuito e contribuiranno alla realizzazione dell’evento. Un abbraccio ideale a tutte le meravigliose creature che popolano il Quaderno 2023, luogo del cuore chiamato JOLE. In molti casi a narrare sono stati i familiari che per farlo hanno dovuto affrontare e vincere forti emozioni, cinque storie sono accompagnate anche dal ritratto delle protagoniste eseguito da amici, a tutti grazie, grazie, grazie!

Come Organizzazione Di Volontariato che si propone di acclarare il valore del Genere Femminile intervenendo nell’educativo, sos KORAI ritiene che il  Quaderno dell’8 Marzo possa esprimere compiutamente il senso che oggi assume la Giornata Internazionale della Donna: la memoria, la conoscenza, la riflessione e la presa di coscienza di quanto é stato fatto e di quanto c’é ancora da fare per i diritti e le libertà della Donna, per difenderli e per conquistarne di nuovi, qui e nel mondo. Anche se nel nostro oggi, coronato da grandi conquiste femminili, impensabili fino a ieri, sembrerebbe superfluo parlare di parità, non lo é per niente perché proprio lì dove ci sentiamo sicure eventi negativi ci dicono che occorre ancora protestare e rivendicare, il Quaderno é un meraviglioso strumento di lotta!

Buon 8 Marzo 2023!

Tropea 1 Marzo 2023

La Presidente di sos KORAI ODV

Dott.ssa Beatrice Lento  

Beatrice Lento

Al via il Quaderno dell’8 Marzo 2023

Il Quaderno dell’8 Marzo 2023 si chiama JOLE, sì, é Lei, la prima Presidente Donna della Calabria, che, con la sua generosa audacia, ha dimostrato che l’amore vince ogni ostacolo. Il nostro ringraziamento a tutte le incantevoli donne che lo popolano, ai parenti ed amici che hanno narrato le loro storie, agli artisti che hanno eseguito i ritratti di alcune di loro, al Presidente Pippo Caffo che, anche quest’anno, ci ha fatto dono, con gratuito e generoso spirito di servizio, della realizzazione del Quaderno, alla Romano Arti Grafiche che ha eseguito con cura la pubblicazione, alla direttrice artistica Anna Maria Miceli che, con grande attenzione ai particolari, ha garantito la piacevolezza dell’opera, al Comune di Tropea che ci ha accordato il suo patrocinio e alla Madrina del Quaderno, Delfina Barbieri, che ci segue, sostiene e incoraggia con amore.

Beatrice Lento

sos KORAI ODV plaude all’iniziativa del Comune di Tropea di una casa d’accoglienza per le donne vittime di violenza e i loro bambini

Comunicato stampa di sos KORAI ODV

Al via a Tropea una casa che accoglie le donne vittime di violenza 

sos KORAI ODV plaude all’iniziativa comunale

Come Presidente di sos KORAI ODV, associazione  impegnata, dal 2018, a contrastare, attraverso interventi educativi, la subcultura maschilista, apprendo, con viva soddisfazione, la pregevole iniziativa del Comune di Tropea di nobilitare un bene appartenuto alla criminalità organizzata destinandolo, dopo opportuno adeguamento, all’accoglienza di donne e bambini vittime di violenza. 

Mi emoziona moltissimo pensare alla panchina rossa, realizzata assieme al Comune e all’Istituto Superiore, nel 2019,  perché ha svolo appieno la sua funzione di sprone ad uscire dai circuiti dell’indifferenza: il dolore, o addirittura la morte, di una donna, per mano di un uomo violento, sono un macigno che pesa su tutta la comunità e agire attivamente con iniziative importanti come questa è motivo d’orgoglio per tutti i Tropeani.

Dietro l’aberrante  fenomeno, che purtroppo non arretra, c’é proprio la cultura patriarcale che confonde l’amore col possesso, un retaggio del passato di cui occorre sbarazzarsi agendo in controtendenza. 

La Panchina rossa all’affaccio di Largo Duomo, con la splendida frase di Emily Dickinson: “ Il silenzio é tutto ciò che temiamo. C’é riscatto in una voce” é stato uno dei tanti  piccoli ma significativi passi che hanno portato a questo magnifico risultato. 

Il Comune di Tropea conquista un altro grande  spazio di civiltà ed sos KORAI ODV esprime il suo forte plauso. 

Fin da ora, dichiariamo  la nostra disponibilità  a collaborare per offrire alle donne e ai bambini che saranno accolti vicinanza e iniziative rispondenti ai loro bisogni e auguriamo una felice realizzazione del lodevole progetto. 

TROPEA 1 febbraio 2023 

La Presidente di sos KORAI ODV

DOTT.SSA BEATRICE LENTO 

Beatrice Lento

LE CALABRESI TACIUTE: LE DONNE PARTIGIANE tra loro anche due tropeane

LE CALABRESI TACIUTE: LE DONNE PARTIGIANE 

Tra di loro anche due tropeane 

Le “Calabresi Taciute”, dimenticate, finite nell’oblio anche nei loro paesi d’origine, di cui sto per parlarvi, sono le donne partigiane, le donne che hanno scelto di impegnarsi nella Resistenza contro il nazifascismo a prezzo di sacrifici enormi e non di rado della vita.

Perché taciute? Perché la storia é scritta dai vincitori e, dominando la cultura patriarcale, nei confronti delle donne é colpevolmente distratta, pensiamo alle tante opere di valore realizzate dal genere femminile, nel campo delle scienze e delle arti, dolosamente attribuite ai rispettivi mariti, compagni, fratelli, padri, e poi, ad essere mortificato con la disattenzione e col pregiudizio, non di rado, é tutto il sud d’Italia, considerato apatico e passivo. 

Oltretutto le donne non sono state mai considerate in grado di contrastare attivamente la guerra essendo forte Il cliché  dell’essere femminile fragile, vanitoso, instabile, volubile, buono solo a sposarsi, a fare figli, a servire, a decorare i salotti. Una concezione lesiva della dignità della donna che ha cagionato molte discriminazioni anche in tempi recenti. Fino al 1963, per esempio, esisteva il divieto di accesso ai concorsi per magistrato e proprio con questa assurda motivazione. “La donna” sosteneva, tra i tanti, Eutimio Ranelletti “é fatua, é leggera, é superficiale, emotiva, passionale, impulsiva, testardetta …quindi inadatta a valutare obiettivamente, serenamente, saggiamente, nella loro giusta portata, i delitti e i delinquenti.” Da ricordare, a questo proposito, l’on.le Teresa Mattei, coautrice di un emendamento volto ad abolire l’assurdo limite, che, a chi le chiedeva:” Signorina ma sa che in certi giorni del mese le donne non ragionano?”, rispondeva:” No, ma so che molti uomini non ragionano tutti i giorni del mese.”

Molte ragazze diventarono partigiane e vollero imbracciare le armi proprio per un impeto di emancipazione, per distruggere gli stereotipi dell’angelo del focolare e della crocerossina, ma ci furono anche tante partigiane che rigettarono le armi scegliendo di operare su altri fronti, rifiutarle significò, per loro, volersi impegnare, con forte coerenza, in una guerra alla guerra. Il loro modo di intendere la lotta si tradusse in un impegno pacifista che, dopo la liberazione, prese forma, nell’aula di Montecitorio, nell’inserimento del ripudio della guerra nella Costituzione.

La Resistenza delle donne, calabresi e non, fu un quadro variopinto in cui donne armate, che non esitano ad uccidere, coesistono con donne che rifiutano le armi anche se quella lotta voleva dire respingere un invasore straniero, contrastare la ferocia nazifascista, lottare per un futuro migliore in cui sarebbero stati garantiti i diritti umani e l’emancipazione di entrambi i generi. Per comprendere appieno la storia delle partigiane, sia calabresi  che di altre regioni, occorre tener presente il contesto di riferimento: uno sfondo culturale  sicuramente misogino.

Il fascismo reputava la donna un essere insignificante, fragile, privo di dignità, una macchina deputata al mantenimento della specie, pensiamo ai riconoscimenti che il duce elargiva alle madri prolifiche, all’esclusione delle donne dall’insegnamento di molte discipline considerare strategiche, come lettere, storia e filosofia, e alla doppia morale che, con il Codice Rocco, considerava lo stupro delitto contro la morale e non contro la persona, prevedeva il delitto d’onore e il matrimonio riparatore. A tal proposito non possiamo non rendere omaggio a Franca Viola che, agli inizi degli anni ‘60, per prima, in Sicilia, poco più che diciottenne, respinse il matrimonio riparatore, e al cittadino illustre di Tropea, il Procuratore della Repubblica di Palermo, Pasquale Lo Torto, che, con le sue arringhe, contribuì al cambiamento culturale che portò all’abrogazione del delitto d’onore nel 1981, molto dopo la soppressione del reato d’adulterio, avvenuta nel 1968, e della riforma del diritto di famiglia datata 1975.

I partiti di sinistra, dal canto loro, non esitarono a vietare alle partigiane di sfilare dopo la liberazione perché volevano apparire come forze  politiche credibili e consideravano criticabile esibire la forza e il coraggio femminili, ci poteva essere una deroga solo per le ragazze che partecipavano senza armi o vestite da crocerossine e quindi si conformavano all’immagine tradizionale della donna per bene. 

La stessa famosissima canzone, simbolo della resistenza, ancor oggi cantata e considerata bandiera di libertà e di emancipazione, anche da tante donne, “Bella ciao”, in realtà, subdolamente, ha diffuso e diffonde l’idea che il maschio, intrepido e coraggioso, andava a combattere mettendo a rischio la salute e la stessa vita mentre le donne, capaci solo di essere belle, restavano a casa, al sicuro. 

In un film documentario di Liliana Cavani, “La donna nella resistenza”, una partigiana osservava:”Alla sfilata non mi hanno fatto partecipare, per fortuna che non sono andata, la gente, vedendo passare le mie compagne, diceva che erano delle donnacce.”

Donne calabresi partigiane ce ne sono state ma il loro impegno si svolse fuori dalla Calabria, nei luoghi in cui vivevano con le famiglie, spesso emigrate per mancanza di lavoro o perché ostacolate dal loro atteggiamento antifascista. 

Ho fatto ricerche accurate alla Biblioteca Regionale Calabrese di Soriano e all’ANPI e mi sono confrontata con storici, la ragione di questo dato sta sicuramente nei tempi della liberazione dal nazifascismo che in Calabria, e al Sud in genere, avvenne molto prima che nel resto d’Italia. Le loro storie sono molto simili a quelle delle partigiane d’ogni altra parte della nazione. 

Intanto non era mai successo prima che le donne entrassero in scena, da protagoniste, così numerose e di ogni condizione sociale. Sono “donne comuni” si legge sui libri, donne che, in larghissima parte, non si erano mai interessate di politica, vengono dalle campagne, dalle città, dalla borghesia, dalle classi umili, sono contadine, operaie, casalinghe, professioniste, senza istruzione, col diploma, con la laurea. 

L’opera femminile inizia nelle settimane che precedono l’armistizio e si rafforza dopo l’8 settembre. Si realizza un maternage di massa, tantissimi soldati allo sbando, per non finire nelle mani dei nazisti, vengono nascosti, sfamati e rivestiti per non essere riconosciuti. Le partigiane diventano anche moderne Antigone comprendo con lenzuola le vittime, tentando di ricomporre e pulire i loro corpi, sotterrando i poveri resti degli impiccati, dei fucilati, dei torturati, sottraendoli allo scherno a dispetto dei mitra puntati….a rischio della vita. Le tombe degli uccisi erano sempre adorne di garofani rossi e il due novembre del ‘44, in tutti i cimiteri, furono coperte di fiori e di messaggi politici sempre dalle partigiane, quale sfida aperta agli occupanti. 

Le partigiane furono protagoniste di molteplici azioni di lotta, gli unici indizi della loro ribellione erano i pantaloni e la sigaretta. All’epoca i pantaloni erano considerati roba da donnacce e fumare, soprattutto all’aperto e in luoghi pubblici, era una trasgressione forte, un piccolo, grande manifesto di libertà.

Una partigiana racconta che, nel gelido inverno del ‘44, dai vertici politici e miltari era arrivato l’ordine di non indossare i pantaloni, non perché potevano essere riconosciute ma per decenza.

Le partigiane parteciparono a vendette e ritorsioni, tra queste ci fu anche il compito di rapare a zero le donne che andavano coi tedeschi, per esporle al pubblico disprezzo, a discriminazioni e ad azioni violente. Una missione carica di autolesionismo di genere forse richiesta alle combattenti nella resistenza con uno sfondo di sadismo verso la donna, le partigiane caddero nella trappola accanendosi contro donne come loro, povere sventurate spinte dalla miseria.

Le resistenti furono anche promotrici di scioperi, fecero propaganda, nascosero sul proprio corpo e nelle carrozzine, con inesistenti neonati, documenti, armi, esplosivo. Diventarono infermiere, informatrici, portaordini e imbracciarono le armi. Insomma non furono solo staffette come certa storia vuol fare intendere per sminuirle, dimenticando, tra l’altro, che fare la staffetta non era compito da poco ma esponeva al rischio di violenze, di torture ed anche della stessa vita. 

In realtà per le partigiane non é stato facile perché spesso non erano ben accette neanche dai compagni ed erano biasimate dal giudizio del mondo. Per la società del tempo la promiscuità era tabù. Per tale ragione le donne pagarono un prezzo molto più alto degli uomini perché gettarono alle ortiche la reputazione, l’onore, la presunzione di verginità che allora era un bene primario. Eppure le partigiane superarono quel pregiudizio e addirittura lo usarono a beneficio della lotta. Tante missioni furono compiute lasciando credere di essere delle poco di buono che andavano a incontrare l’amante o, addirittura, il cliente.

Per molto tempo le partigiane hanno taciuto le difficoltà vissute anche perché i compagni erano comunque maschi e quindi imbevuti della mentalità patriarcale del tempo. I partiti di sinistra temevano che la presenza delle donne li facesse apparire sovversivi e, volendo mantenere una facciata di rigore, alcune formazioni non accettavano donne. Tra tutti i pregiudizi contro la donna il più pesante era quello della loro debolezza sia fisica che morale. Per questo motivo le partigiane volevano dimostrare di essere come gli uomini. Anna Cinanni, nome di battaglia Cecilia, di Gerace, emigrata a Torino con la famiglia, operaia alla Venchi Unica riferiva:”Mio fratello mi ha sempre detto di ricordarmi che non sono una donna ma una comunista che combatte per la Resistenza.” 

Il mascheramento della femminilità e la mascolinizzazione sono il prezzo pagato dalle partigiane, a volte questo meccanismo inconscio di difesa interviene ancora oggi in molte donne che occupano posizioni di rilievo nella politica, nel lavoro e nel sociale. 

Altra problematica, spesso taciuta, quella delle violenze sessuali subite; in un contesto in cui lo stupro veniva considerato come reato contro la morale le donne preferivano nascondere piuttosto che essere bollate con la frase:”Te la sei andata a cercare!” o, addirittura, condannate perché non si erano difese abbastanza preferendo farsi ammazzare piuttosto che subire la violenza, in questo la retorica comunista si confondeva con quella fascista.

Dopo il 25 Aprile tanti padri, mariti, fratelli, figli ricominciarono a brontolare se le donne di famiglia andavano alle riunioni o al sindacato, se le camicie non erano stirate, se il pranzo non era pronto e la casa non era in ordine. Il fascismo era finito ma il patriarcato rimaneva, questo “fuoco amico” fu veramente doloroso. Alcune si fecero piccole perché avevano capito, e a caro prezzo, che se sei femmina devi stare in secondo piano, devi tacere, non devi metterti in luce rispetto al maschio altrimenti perderai l’amore della famiglia, del tuo compagno oppure resterai sola o sarai emarginata e comunque la pagherai. 

Paradossalmente il 25 Aprile segnò, per molti versi, la fine di un vertiginoso sogno di libertà delle donne anche se molte  non ci stettero e continuarono la propria battaglia di liberazione nei partiti, nei sindacati, nelle amministrazioni pubbliche, a livello locale e nazionale. Queste donne proseguirono la lotta non solo per la libertà ma anche per un’Italia diversa e per i loro diritti civili e sociali.

I numeri ufficiali della Resistenza al femminile  parlano di 4653 donne arrestate, torturate e condannate, di 2750 deportate nei campi di concentramento nazisti e di 623 fucilate o morte in combattimento. A loro furono conferite 16 medaglie d’oro al valor militare e 17 d’argento. Si tratta di numeri in difetto anche perché molte donne non rivendicarono il proprio status perché ritenevano di aver fatto semplicemente il proprio dovere o perché segnate da eventi traumatici.

Caratteristica fondamentale della Resistenza delle donne fu il suo carattere collettivo, l’avere per protagoniste non alcune creature eccezionali ma vaste masse appartenenti ai più diversi strati della popolazione. Molte di loro erano bambine e furono segnate per sempre dalla guerra, dalla violenza, dalla fame, dalla paura. Saranno proprio loro a rimettere in piedi un Paese uscito dalla guerra, a renderlo più democratico, capace di spingersi verso una cultura di parità, uguaglianza, rispetto degli altri, verso un mondo di pace. 

I nomi di alcune partigiane calabresi si conoscono, di altre il ricordo si è perso anche nei paesi d’origine.

Anna Cinanni di Gerace, sorella di Paolo, che subì ripetute sevizie in carcere e superò i posti di blocco con le borse piene di volantini; Caterina Tallarico di Marcedusa, sorella del noto Comandante Federico, detto “Frico”, che, appena laureata in medicina, salì in montagna, diventò medico nella brigata del fratello e curò non solo i partigiani feriti ma anche i tedeschi e i fascisti prigionieri; Giuseppina Russo di Roccaforte del Greco che fece l’operaia a La Spezia, seguendo il marito, e, da organizzatrice di scioperi, passò ad imbracciare le armi e divenne, nel ‘43, la responsabile della cellula comunista del comitato sindacale clandestino; Anna Condò, staffetta tra il Piemonte e la Liguria che aveva lasciato Reggio Calabria dopo la sospensione dal lavoro dei genitori non allineatisi alla Repubblica Sociale Italiana. La più famosa tra tutte é sicuramente Teresa Talotta  Gullace di Cittanova alla cui vicenda si é ispirato Rossellini per il personaggio di Pina, interpretato da Anna Magnani, nel film “Roma città aperta”. Teresa, madre di cinque figli, incinta, non esitò ad andare dal marito imprigionato dai nazisti per dargli conforto e, mentre invocava la sua liberazione nel contesto di una rivolta venne uccisa da un soldato tedesco. Teresa fu l’unica donna ad essere sepolta tra i caduti della Resistenza e, nel 1995, Poste Italiane le dedicò un francobollo nell’ambito delle donne nella seconda guerra mondiale.

Come tropeana sono orgogliosa di ricordare due partigiane native di Tropea e che a Tropea trascorsero gran parte della loro vita, si tratta delle sorelle Tocco, Bice, nome in codice Beba, e Maria, figlie di Ignazio Tocco e di Aurora Scrugli. Le sorelle Tocco vivevano, con la famiglia d’origine, a Torino dove il padre era ufficiale dell’esercito. Entrambe fecero le staffette sulle montagne del Piemonte ed anche il fratello Antonio fu partigiano. Spero di poter riprendere e completare con maggiori dati la loro meravigliosa avventura di libertà.

Un contributo al riscatto alla memoria delle partigiane fu reso dall’Udi, Unione Donne Italiane, associazione nata durante la Resistenza. In essa confluirono i Gruppi di Difesa della Donna, diretti da Caterina Picolao, nati nel 1943 con lo scopo di creare un movimento di massa trasversale in cui le donne potessero unirsi alla luce dell’esortazione contenuta nel foglio di riferimento del movimento, “Noi donne“, che recitava:”Le donne italiane che hanno sempre avversato il fascismo, che della guerra hanno sentito tutto il peso per i lutti, le case distrutte, i sacrifici e le raddoppiate fatiche, non possono rimanere  inerti in questo grave momento”. Grazie all’Udi, la più grande organizzazione per l’emancipazione femminile italiana, che dal 2003 ha preso il nome di Unione Donne in Italia, molte donne raccontarono la loro esperienza di partigiane, pagine bellissime che tuttavia determinarono, nell’immediatezza, solo la conquista del diritto del voto non riuscendo ad incidere sulle altre sfere sociali ed economiche della società.

L’aspirazione ad avere un ruolo pubblico, dopo la liberazione, si scontrò con la società impreparata a quel salto culturale, si fece strada la memoria delle cadute ma per le sopravvissute il giudizio sociale non fu clemente. Lo stesso diritto al voto produsse scarsi esiti. Nel 1946 solo 21 donne, poco più del 3%, furono elette all’Assemblea Costituente, nessuna calabrese. Alle amministrative del ‘46 venne eletta anche una donna legata a Tropea, moglie del marchese Pasquale Toraldo, Lydia Serra, che diventò Sindaca illuminata della città per più di un decennio, guidandola  verso alti traguardi di civiltà 

La storia che seguì é l’attualità che registra disparità salariale, violenza subita, diversa dignità tanto che la donna deve giustificare abbigliamento e comportamento quando viene stuprata oppure affannarsi a dimostrare intelligenza e capacità per non apparire solo bella. 

I pregiudizi misogini persistono e il percorso avviato da quelle valorose non è ancora compiuto. 

Ricordare che quando uomini e donne sono stati insieme, come nella Resistenza, abbiamo vinto credo sia estremamente attuale.

Tropea 14 Gennaio 2023

Beatrice Lento

Beatrice Lento

Il Natale è andare oltre il mio per guardare al nostro

Un altro Natale ci trova uniti dal comune vincolo di appartenenza a sos KORAI.
È bello stringere un patto per tentare di migliorare il mondo ed anche se il traguardo è ambizioso un piccolo passo verso la meta fa assaporare la felicità.
Il senso del Natale è questo, andare oltre il proprio per guardare all’altro: abbiamo tutti sempre da fare ma quando trascuro il mio per dedicarmi al nostro non è tempo sprecato e il servizio reso con convinzione riempie il cuore di gioia.
Carissimi, ci lega una scelta importante, portiamola sempre avanti e godiamo dei piccoli, grandi passi compiuti.
Il Natale Divino rafforzi il nostro impegno, il nostro affiatamento, il rispetto, la stima e l’affetto che ci uniscono e l’aiuto del Bambinello Santo ci guidi a seminare il bene.
Buon Natale!
La Presidente di sos KORAI
Beatrice Lento

Beatrice Lento

Lo sfregio

L’artista Ilaria Sagaria: “La violenza tramite acido è un fenomeno globale che non è legato all’etnia, alla religione e tantomeno alla posizione sociale e geografica – ha detto Sagaria – Nonostante siano stati registrati casi di aggressione anche ai danni di uomini, rimane una forma di violenza con un impatto maggiore sulle donne. Oltre alla brutalità fisica causata da un gesto inumano, c’è il trauma psicologico da affrontare: la perdita dell’identità, la depressione e l’isolamento. Dopo la fase di ospedalizzazione, sono costrette a passare lunghi periodi chiuse dentro casa e, anche quando potrebbero uscire all’aperto, rifiutano di mostrarsi in pubblico e di affrontare lo sguardo degli altri. Mettono via gli specchi e le loro fotografie, eliminando qualsiasi cosa che possa mostrare quello che erano prima e quello che sono diventate in seguito, diventando così prigioniere di una casa privata di memoria e identità. Attraverso le loro testimonianze, ho ricostruito un racconto, una mise-en-scène fotografica che potesse restituire questi momenti senza spettacolarizzarne il dolore, concentrandomi sull’aspetto psicologico e sul concetto di identità”. 

Beatrice Lento