Archivio annuale 28th Dicembre 2018

Le Magare


Le
 magare di San Fili, lasciatemelo dire, sono diverse.

In che senso le magare di San Fili sono diverse?

Per rispondere a tale domanda bisognerà dire, ovviamente riferendoci alla terminologia classica (dialetto cosentino – sanfilese) chi è o cosa è una magara

Non biasimo gli ignoranti (perché di ignoranti, ossia di persone che non conoscono il significato del termine o del fatto, si tratta) che non sanno cosa si celi dietro la parola magara… dopotutto la parola magara è un termine legato al dialetto dei nostri anziani ed il dialetto dei nostri anziani, lo sappiamo benissimo, è una lingua tutt’altro che viva e vegeta.

Il dialetto sanfilese (cosentino?) proprio perché una lingua a rischio d’estinzione… non può più definirsi neanche dialetto. Il dialetto infatti è il linguaggio proprio di una determinata regione o città, contrapposto alla lingua nazionale, e quindi una lingua più viva, è il caso di dire, di quella ufficialmente riconosciuta.

La magara, se cerchiamo su internet o su un qualsiasi dizionario del (defunto) dialetto cosentino, viene segnalata come sinonimo di strega… e forse in altre zone ed in altri tempi di strega (nel significato dispregiativo del termine) veramente si trattava.

Ma le magare di San Fili, lasciatemelo dire per l’ennesima volta, sono diverse… e sicuramente non sono streghe nel vero senso della parola.

E allora chi o cosa sono le magare? … sempre navigando su internet mi sono imbattuto in un post che spiegava chi sono le mavare termine con cui si indicano in Sicilia (siamo, guarda caso, comunque nel Regno delle Due Sicilie) una sorte di streghe.

Strano a dirsi, in tale post ho letto esattamente cosa avrei voluto scrivere io nel cercare di spiegare chi sono o cosa sono le magare di San Fili almeno nell’immaginario che mi sono creato fin da quando ho emanato i miei primi vagiti.

«La “mavara” è, secondo la voce popolare, una conoscitrice di antichi segreti di magia, ella sa utilizzare le preziose virtù delle piante per guarire ma anche per avvelenare, sa preparare una fattura ma sa anche scioglierla, sa ridare l’amore perduto e farlo perdere a chi ce l’ha già, etc.

Molte giovani fanciulle ricorrono alle arti di questa maliarda e ciò che le chiedono è sempre la stessa cosa. suscitare l’interesse di un uomo in particolare per legarlo a sé, oppure far tornare un amante che se n’è andato… (non è il caso che io scriva come fa… è un po’ forte…)».
Tale post, ci dice l’autrice, è prelevato dal libro “Messinarcana” di Giandomenico Ruta.

Ed è proprio così, le magare di San Fili (mavare in Sicilia) sono sì le naturali depositarie della conoscenza di antichi misteri (ovvero di parte ciò che siamo abituati, per ignoranza in materia, a considerare delle arti magiche) ma non per questo possono essere considerate dei soggetti buoni solo da mandare al rogo in quanto servitori (servitrici) del male.

… e purtroppo di magare sul rogo, grazie alla Santa Inquisizione, ne sono finite tantissime.

Le magare (sarebbe bello sapere da cosa deriva questo termine) sono un po’ indovine, un po’ psicologhe, un po’ erboriste (arte tipica delle streghe durante il periodo che le ha viste vittime di una inconcepibile persecuzione), un po’ fattucchiere (che fanno la fattura o tolgono la stessa), un po’ zingare, un po’ druide, un po’ sacerdotesse della greca Ecate, un po’… sante e un po’ demonie.

Spesso, nel modo di esprimersi del popolo sanfilese (quello vero) non raramente abbiamo sentito qualificare qualche ragazza alquanto vispa (sveglia, eccessivamente intelligente e furba) con il termine “è na bella magareddra” in senso ovviamente più che positivo.

Nei secoli che ci siamo appena lasciati alle spalle (XIX e XX) contrapposto al femminile “magareddra” (donna appunto intelligente e furba) c’era il maschile “brigante, brigantieddru” (a qualificare il ragazzo intelligente e furbo).

Le magare di San Fili erano (qualcuno dice che lo sono tuttora) regolarmente interpellate per problemi di cuore e di salute: “ppe ru carmu” (tipico quello dei “cattivi”, ovvero dei vermi intestinali), per indovinare il futuro e “ppe ru for’affascinu” (in particolare per togliere il malocchio).
Di Pietro Per

… /pace ma… “si vis pacem para bellum”!

Potenza dell’abbraccio

Non sappiamo quanti anni ha l’abbraccio ma é certo che esprime una forma profonda di contatto fisico che promuove il benessere.

Insieme al bacio controlla lo stress e rafforza il sistema immunitario.

Alda Merini lo definisce come il posto in cui il tempo si ferma e non hai più età.

La pelle é un vero e proprio organo, il più sottile e il più esteso e svolge anche funzioni emotive e sociali. Possiede tante tipologie di recettori tra cui i meccanocettori che entrano in azione quando viene esercitata una pressione leggera e delicata come nel caso degli abbracci, cioè stimoli dalla forte valenza affettiva.

L’abbraccio stimola il rilascio di messaggeri chimici come l’ossitocina, definita l’ ormone del benessere, e quindi migliora il sistema immunitario prevenendo le infezioni.

Ha ragione allora Paulo Coehlo quando sostiene che abbracciando in maniera sincera guadagniamo un giorno di vita, facciamolo più spesso e saremo felici.

Concludo evidenziando che noi donne, saggiamente, tendiamo ad abbracciare gli altri molto più dei maschi e che l’afefobia é la paura di essere toccato e quindi abbracciato.

La leggenda di Natale

Parlavi alla luna giocavi coi fiori

avevi l’età che non porta dolori

e il vento era un mago, la rugiada una dea,

nel bosco incantato di ogni tua idea

nel bosco incantato di ogni tua idea.

 

E venne l’inverno che uccide il colore

e un babbo Natale che parlava d’amore

e d’oro e d’argento splendevano i doni

ma gli occhi eran freddi e non erano buoni

ma gli occhi eran freddi e non erano buoni.

 

Coprì le tue spalle d’argento e di lana

di pelle e smeraldi intrecciò una collana

e mentre incantata lo stavi a guardare

dai piedi ai capelli ti volle baciare

dai piedi ai capelli ti volle baciare.

 

E adesso che gli altri ti chiamano dea

l’incanto è svanito da ogni tua idea

ma ancora alla luna vorresti narrare

la storia d’un fiore appassito a Natale

la storia d’un fiore appassito a Natale

Fabrì

Buon Natale per essere liberi

Carissimi Socie e Soci di sos KORAI,

con gioia mi rapporto a Voi alla vigilia del Natale che segna la storia del mondo.

Credo di non sbagliare pensando a tutti noi vorticosamente travolti dalla vita che, pian pianino e con i piedi fasciati, ha assunto sempre più ritmi vorticosi.

Non c’ é mai tempo e la fretta troppo spesso ci allontana da noi stessi. La cultura del consumismo é diffusa e rischiamo di soccombere alla superficialità che appare come l’unica difesa, l’unica ancora contro il peggio.

É lo stato della stragrande maggioranza degli umani e bisogna riorganizzare le nostre esistenze o abbracciare la rivoluzione.

É difficile ribellarsi perchè temiamo che il sistema ci stritoli e allora occorre trovare, in questa grande bolgia, anche un pò di spazio per parlare con noi stessi e prenderci cura di quella dimensione intima che é l’essenza della Persona.

Noi che siamo uniti dalla voglia di Servizio forse potremmo riuscirci e forse potremmo anche diffondere un s.o.s. Umanità.

È questa la riflessione che il Bambinello mi ispira in una vigilia che vivo col cuore colmo di felicità e gratificazione e pur di consapevolezza del rischio che ci accompagna.

Sono certa che il futuro riserverà gioia a tutti noi che, nel segno della vicinanza agli altri, abbiamo trovato la bussola che indica infallibilmente la giusta rotta.

Mancano poche ore alla Sua nascita e noi che siamo vicini alla Donna stringiamoci a Maria per condividere con Lei la gioia della Maternità fatale e chiederle di illuminarci nel percorso complicato che abbiamo voluto imboccare con la nostra sos KORAI.

Abbiamo condiviso una scelta difficile, che Lei e il Suo Santo Figliolo ci diano la forza di onorarla. Carissime e carissimi Amici, ancora grazie di aver raccolto la mia idea moltiplicandola col vostro lavoro, col vostro cuore e con la vostra mente, continuiamo ad operare con la certezza della bontà della nostra decisione.

Che il Bambinello aiuti l’Umanità ad orientarsi verso il Bene, prenda per mano ognuno di noi e parli al nostro intimo per poter continuare ad essere Creature veramente libere.

Buon Natale ed un felicissimo 2019

La Presidente di sos KORAI

Fammi contare i modi

Come ti amo? Lascia che te ne conti i modi.
Ti amo fino alla profondità, la vastità e l’altezza
che l’anima mia può raggiungere allorquando
persegue, irraggiungibili agli sguardi, i fini del bene
e della grazia ideale.

Ti amo al livello delle calme
necessità quotidiane, alla luce del sole ed al lume
della candela.

Ti amo liberamente come gli uomini
tendono al giusto, ti amo puramente, come essi
rifuggono dalle lusinghe.

Ti amo con la passione
sperimentata nei miei antichi dolori e con la fede
della mia fanciullezza.

Ti amo d’un amore che mi
sembrò smarrire coi miei santi perduti: ti amo col
respiro, i sorrisi, le lacrime di tutta la mia vita e, se
Dio vorrà, ti amerò ancor meglio quando sarò
morta.

Elizabeth Barret Browning

Non dirmi “ Sei ancora bella”

Ho avuto tutto e non voglio avere di più. Il mio più alto compiacimento é morire.

Non muoio per dolore, muoio per esaurimento della felicità.

Ho avuto l’Egitto e Roma.

Quando sono arrivata in quella città così grandiosa ho pensato che le mancava un pò di dolcezza, un pò d’Oriente.

Ho reso più femmina Roma.

Antonio, Cesare, Pompeo sono stati le mie amanti, hanno assunto sembianze femminili, si sono fatti teneri e devoti , li ho conquistati, li ho posseduti..

Nessuno dovrà compatirmi, nessuno dovrà dire:” Com’è stata bella questa donna,”

Io non vorrò mai essere stata.

Nè vorrei la concessione:” É ancora bella!”

Non c’é una Cleopatra che é stata bella.

La mia dimensione é l’eternitá .

Liberamente tratto dalla dichiarazione di Cleopatra immaginata da Vittorio Sgarbi ammirando Cleopatra di Artemisia Gentileschi

La violenza delle parole

Ho qui un piccolo elenco di parole preziose. È impressionante vedere come nella nostra lingua alcuni termini, che al maschile hanno il loro legittimo significato, se declinati al femminile, assumono improvvisamente un altro senso, cambiano radicalmente, diventano luogo comune; luogo comune un po’ equivoco che poi, a guardar bene, è sempre lo stesso, ovvero un lieve ammiccamento verso la prostituzione.

Vi faccio un esempio.

  • Un cortigiano: un uomo che vive a corte. Una cortigiana: una… mignotta.
  • Un massaggiatore: un cinesiterapista. Una massaggiatrice: una… mignotta.
  • Un uomo di strada: un uomo del popolo. Una donna di strada: una… mignotta.
  • Un uomo disponibile; un uomo gentile e premuroso. Una donna disponibile: una… mignotta.
  • Un passeggiatore: un uomo che cammina. Una passeggiatrice: una… mignotta.
  • Un uomo con un passato: un uomo che ha avuto una vita, in qualche caso non particolarmente onesta, ma che vale la pena di raccontare. Una donna con un passato: una …mignotta
  • Uno squillo: il suono del telefono. Una squillo: …dai non la dico nemmeno.
  • Un uomo di mondo: un gran signore. Una donna di mondo: un gran…mignotta.
  • Uno che batte: un tennista che serve la palla. Una che batte: …non dico manco questa.
  • Un uomo che ha un protettore: un intoccabile raccomandato. Una donna che ha un protettore: una…mignotta.
  • Un buon uomo: un uomo probo. Una buona donna: una…mignotta.
  • Un uomo allegro: un buontempone. Una donna allegra: una…mignotta.
  • Un gatto morto: un felino deceduto. Una gattamorta: una …mignotta.
  • Uno zoccolo: una calzatura di campagna. Una zoccola: …

Questo elenco non l’ho fatto io.

Questo elenco lo ha scritto un uomo che si chiama Stefano Bartezzaghi, il professor Stefano Bartezzaghi, un enigmista, un giornalista, un grande esperto di linguaggio.

Grazie, Bartezzaghi, per aver scritto questo elenco di ingiustizie. Io, che sono donna, le sento da tutta la vita, ma non me ero mai accorta.

Ma questa sera non voglio fare la donna che si lamenta e che recrimina. Lungi da me…

Però, certo, anche nel lessico noi donne un po’ discriminate lo siamo. Quel filino di discriminazione io, donna, lo avverto magari solo io, ma un po’ lo avverto, un po’ lo percepisco.

Però, per fortuna, sono soltanto parole.

Certo, se le parole fossero la traduzione dei pensieri, allora sarebbe grave, sarebbe proprio un incubo fin da piccoli.

Eh, sì.

All’asilo, un bambino maschio potrebbe iniziare a maturare l’idea che le bambine siano meno importanti di lui.

Da ragazzo potrebbe crescere nell’equivoco che le ragazze in qualche modo siano di sua proprietà.

Da adulto potrebbe – è solo un’ipotesi! – pensare sia giusto che le sue colleghe vengano pagate meno e, a quel punto, non gli sembrerebbe grave neppure offenderle, deriderle, toccarle, palpeggiarle, come si fa con la frutta matura o per controllare le mucche da latte.

Se fosse così potrebbe anche diventare pericoloso. Sì si. Una donna adulta, o anche giovanissima, potrebbe essere aggredita, picchiata, sfregiata dall’uomo che l’ama. Uno che l’ama talmente tanto da pensare che lei e anche la sua vita sono roba sua, roba sua, e quindi può farne quello che vuole.

Per fortuna, sono soltanto parole, solo parole, per carità!

Ma se davvero le parole fossero la traduzione dei pensieri un giorno potremmo sentire affermazioni che hanno dell’incredibile, frasi offensive e senza senso come queste:[1]

  • Brava, sei una donna con le palle!
  • Chissà quella cosa ha fatto per lavorare?
  • Certo, anche lei, però, se va in giro vestita così!
  • Dovresti essere contenta se ti guardano!
  • Lascia stare: sono cose da maschi!
  • Te la sei cercata! Te la sei cercata! Te la sei cercata! Te la sei cercata!

Per fortuna, per fortuna, sono soltanto parole.

Ed è un sollievo sapere che, finora, da noi tutto questo non è mai accaduto!

Monologo recitato da Paola Cortellesi

L’Isola delle donne

É l’Islanda che da nove anni ha il minor gender gap del mondo.

La rivoluzione iniziò il 24 ottobre 1975, quel giorno il 90 % delle islandesi incrociò le braccia paralizzando uffici, scuole, e case.

Cinque anni dopo L’ Islanda, che aveva concesso il diritto di voto alle donne nel 1915, fece trionfare la prima presidente democraticamente eletta al mondo, Vigdis Finnbogadóttir.

Poi, nel 2009, per uscire da una gravissima crisi finanziaria salì al potere la prima premier dichiaratamente lesbica al mondo, Jóhanna Siguroardòttir.

Infine, un anno fa, la guida del governo é stata affidata a Katrin Jakobsdottir, un’ambientalista di 42 anni. Ma qui sono donne anche la direttrice della polizia della capitale e la prima autorità religiosa del paese.

L’ ultima legge a favore delle donne obbliga le aziende con più di 25 dipendenti ad eseguire una certificazione che provi che tutte le lavoratrici sono pagate quanto i lavoratori.

Le donne piangono cinque volte di più

Prima dell’adolescenza bimbi e bimbe piangono nella stessa maniera ma con la pubertà tutto cambia. La donna piange in media cinque volte l’anno più del maschio.

Pare che ci siano due determinanti alla base del dato, la prima è organica e si riferisce alla sfera ormonale: gli estrogeni oscillano e l’umore fluttua insieme a loro, quando calano diminuiscono la serotonina e le endorfine, i neurotrasmettitori della gioia di vivere e…sono lacrime.

La seconda è psicologica e culturale: ad avere un peso il tabù per cui piangere é da femminucce.

RosVita

Al via RosVita, il Laboratorio Teatrale ideato dalle Associazioni, con sede sociale a Tropea, sos KORAI Onlus e LaboArt, presiedute da Beatrice Lento e Maria Grazia Teramo. L’esperienza é offerta da sos KORAI ed é realizzata da LaboArt che ospiterà i partecipanti nei suoi locali a Santa Domenica di Ricadi, in Via Fontana, 32Sul valore culturale del Teatro non si discute come pure sulla sua valenza psicologica ed é per questo che le due realtà associative tropeane hanno deciso di collaborare per donare alla Comunità d’appartenenza un’opportunità di crescita condivisa.

Il percorso viene dedicato ad adulti di qualsiasi età, in maniera assolutamente gratuita, e per fruìrlo basta avanzare la richiesta di partecipazione con una mail, corredata di dati anagrafici, ad uno di questi recapiti: beatricelento@gmail.com tel 3498142440 laboartropea@gmail.com tel 3403668588.

Nel Laboratorio i corsisti giocheranno con la spontaneità dei propri vissuti per promuovere l’accettazione dell’individualità personale, la padronanza corporea e il valore della diversità, maturando un’esperienza di completamento personologico 

Maria Grazia Teramo, attrice e regista tropeana, curerà la redazione del testo e la regia dell’esito finale a partire dai monologhi “Rosso Cremisi” di Sará Rodolao, scrittrice di origine calabrese trapiantata in Liguria.

La scelta dei testi é stata operata da sos KORAI in linea con la propria finalitá associativa che é quella di contrastare la subcultura maschilista e la violenza contro la donna attraverso un rinnovamento dell’educazione affettiva con allontanamento dagli stereotipi e dai pregiudizi di genere.

“Nonostante l’evidente emancipazione femminile” afferma la Lento” rimangono strascici maschilisti che creano ostacoli alla piena realizzazione della donna, per fare un esempio cito due dati che sono sotto gli occhi di tutti: la disparità salariale e la mancanza di pieno accesso alla gestione della famiglia. É importante smascherare queste inadeguatezze e ristabilire una relazionalità rispettosa della dignità femminile. Il linguaggio teatrale, come tutte le modalità espressive alternative e divergenti, consente di sviscerare il cuore dei problemi e di raccogliere produttivamente i messaggi più complessi e profondi. La mia collaborazione con LaboArt é iniziata tanti anni fa, quando dirigevo il Superiore di Tropea, ed ora sono felice di proseguirla con l’Associazione di Volontariato che presiedo perché sono certa della sua efficacia”

Anche la Presidente di LaboArt é convinta della proficuità del percorso e afferma:””Io non credo alla casualità degli eventi e degli incontri ma alla loro intima,seppur misteriosa, necessità. Spesso accade che progetti, persone, sogni e intenti si incontrino e convoglino, come rivoli diversi, in un unico fiume. Così è accaduto con questo progetto teatrale RosVITA che, come catalizzatore, ha attratto a sé le persone e le energie che richiede. Dagli incontri e dagli affetti nascono storie straordinarie. Questo laboratorio è a sua volta l’idea che nasce da un incontro e da un profondo affetto ,quello che lega la preziosa associazione sos KORAI a LaboArt. Il progetto RosVITA è un luogo di iniziazione dove si entra per accedere ad una conoscenza e dove respirare è germogliare.”

RosVita prenderà il via non appena si raccoglieranno le adesioni e,mdopo un percorso laboratoriale di vari mesi, offrirà il frutto dell’impegno profuso in una performance teatrale aperta a tutta la Comunità e chi sa che non si dia vita ad una tournée o, addirittura ad una Compagnia Teatrale che a tutt’oggi a Tropea manca.