Eva Immediato e le sue bambole
Se le bambole potessero parlare raconta una storia ambientata non in un’architettura definita dall’inizio, piuttosto in un percorso obbligato e fatale che non dà scampo a una prostituta di nome Eva, e che ha esito nella costruzione in scena di un patibolo-golgota a opera del protettore-aguzzino della donna. Nell’irreparabile sacrificio finale, con deposizione dei protagonisti in un cassonetto per la spazzatura in funzione di sepolcro, i confini tra vittima (la prostituta) e carnefice (il protettore) tendono ad annullarsi: l’oppresso, abbrutito dalle violenze, tradisce pulsioni autolesionistiche e una potenziale ferocia; l’oppressore finisce invece per mostrare pieghe di fragilità e l’orrore della solitudine, che lo spinge, rimasto privo del bersaglio dei supplizi, a cercare un destino analogo a quello di chi ha subito il martirio.
La storia di Eva è ellittica, incentrandosi esclusivamente sulla giovinezza ricca di voglie e aspettative, e sulla morte cruenta, quasi inesorabile conseguenza del forte sentire. Tra questi due atti, il primo fondato soprattutto sulla parola, il secondo sull’azione, cade un intermezzo in forma di monologo in cui la prostituta-messia si carica del destino di tutte le donne (e in generale dell’umanità fragile e dolente).