Archivio mensile 17th Febbraio 2018

Rupi Kaur

Una delle riflessioni che accompagna Rupi nei suoi lavori − e che è un po’ il fil rouge del suo pensiero − è il rapporto tra donna e donna. Come individui o come comunità, la risposta che trova è sempre nel «power to uplift»: uplift in inglese significa sollevare sia fisicamente sia moralmente, è confortare ma anche motivare. E questo, per Rupi Kaur, è sempre stato il grande pregio che hanno le donne, − solo che non lo sanno. O meglio: non sanno di poter portare questa capacità fuori dai confini dell’amicizia o della famiglia e di poterla far diventare una pratica globale, un’esercitazione spirituale e pratica per un miglioramento collettivo. Proprio come il latte e il miele sono ricostituenti, l’empowerment reciproco permette di «flourish and nourish» (letteralmente “fiorire/prosperare” e “nutrire/rafforzare”)
 È un fenomeno (per fortuna) mondiale: destinate dalla società al mutismo perenne, le donne si rendono conto che la loro libertà può passare anche dalla parola. La Kaur ha raccontato al Guardian che «per le donne del sud dell’Asia tu dovresti essere quieta e senza opinioni». Quando ha cominciato a parlare pubblicamente di argomenti come lo stupro, le mestruazioni o la violenza domestica, i suoi genitori hanno espresso preoccupazione per cosa avrebbe potuto pensare una futura suocera: «E io rispondevo, allora perché mi avete insegnato a parlare ad alta voce?».

Bambina mia

Bambina mia,Per te avrei dato tutti i giardini

del mio regno, se fossi stata regina,

fino all’ultima rosa, fino all’ultima piuma.

Tutto il regno per te.

E invece ti lascio baracche e spine,

polveri pesanti su tutto lo scenario

battiti molto forti

palpebre cucite tutto intorno.

Ira nelle periferie della specie.

E al centro,

ira.

Ma tu non credere a chi dipinge l’umano

come una bestia zoppa e questo mondo

come una palla alla fine.

Non credere a chi tinge tutto di buio pesto e

di sangue. Lo fa perchè è facile farlo.

Noi siamo solo confusi,credi.

Ma sentiamo. Sentiamo ancora.

Sentiamo ancora. Siamo ancora capaci

di amare qualcosa.

Ancora proviamo pietà.

Tocca a te,ora,

a te tocca la lavatura di queste croste

delle cortecce vive.

C’è splendore

in ogni cosa. Io l’ho visto.

Io ora lo vedo di piu’.

C’è splendore. Non avere paura.

Ciao faccia bella,

gioia piu’ grande.

L’amore è il tuo destino.

Sempre. Nient’altro.

Nient’altro. Nient’altro.

Mariangela Gualtieri

Ancora insieme

Oggi Direttivo sos KORAI!

Lilith

Secondo una leggenda la prima donna fu  Lilith  che il primo uomo non gradì per il suo spirito ribelle.

Quella straordinaria e trasgressiva creatura si rifiutò di sottomettersi ad Adamo e lui la scacciò.

Lilith, per una perfida maledizione, fu trasformata in un essere notturno dalle caratteristiche demoniache.

Al suo posto  subentrò Eva che, apparentemente sottomessa, convinse il suo compagno a cogliere la fatale mela che costò quel che costò.

Ergo: un uomo sicuro e forte preferisce una donna determinata e volitiva mentre é sostanzialmente debole colui che sceglie di avere accanto una compagna abulica, remissiva, noiosa e…perniciosa

Un tempo che sta finendo

Ce lo insegna Lei: Rita Levi Montalcini!

Se noi donne non siamo arrivate ai vertici non c’entra niente il nostro cervello, che é perfettamente uguale a quello degli uomini. La responsabilitá, o per meglio dire la colpa, é tutta dell’ambiente maschilista che ci ha oppresso.

Gli uomini sempre fuori a cacciare, guerreggiare, conquistare, viaggiare, scalare e noi sempre dentro a fare figli, curare i malati, seppellire i morti.  

Un tempo che sta finendo!

Sophie Niaudet

É lei la prima ad essere sepolta nel Pantheon a Parigi. Il suo merito? Aver sposato Marcellin Berthelot, scienziato e politico dell’Ottocento.

Marcellin era innamoratissimo  della moglie al punto da dichiarare che non avrebbe voluto sopravviverle neanche per un minuto. La sorte lo accontentò ed un attacco cardiaco lo ricongiunse alla sua Marcellin defunta mezz’ora prima. 

Il governo stabilì di seppellirlo nel Pantheon ma non osò separalo dalla sua amatissima. 

Marie Curie, ovviamente, ebbe lo stesso onore ma meritatissimo. Per paura delle radiazioni la sua bara fu avvolta in uno scafandro di piombo.

Grazie Fabrizio!

Io dedico questa canzone ad ogni donna pensata come amore 

in un attimo di libertà 

a quella conosciuta appena 

non c’era tempo e valeva la pena 

di perderci un secolo in più. 
A quella quasi da immaginare 

tanto di fretta l’hai vista passare 

dal balcone a un segreto più in là 

e ti piace ricordarne il sorriso 

che non ti ha fatto e che tu le hai deciso 

in un vuoto di felicità. 
Alla compagna di viaggio 

i suoi occhi il più bel paesaggio 

fan sembrare più corto il cammino 

e magari sei l’unico a capirla 

e la fai scendere senza seguirla 

senza averle sfiorato la mano. 
A quelle che sono già prese 

e che vivendo delle ore deluse 

con un uomo ormai troppo cambiato 

ti hanno lasciato, inutile pazzia, 

vedere il fondo della malinconia 

di un avvenire disperato. 
Immagini care per qualche istante 

sarete presto una folla distante 

scavalcate da un ricordo più vicino 

per poco che la felicità ritorni 

è molto raro che ci si ricordi 

degli episodi del cammino. 
Ma se la vita smette di aiutarti 

è più difficile dimenticarti 

di quelle felicità intraviste 

dei baci che non si è osato dare 

delle occasioni lasciate ad aspettare 

degli occhi mai più rivisti. 
Allora nei momenti di solitudine 

quando il rimpianto diventa abitudine, 

una maniera di viversi insieme, 

si piangono le labbra assenti 

di tutte le belle passanti 

che non siamo riusciti a trattenere. 

Rosa Parks: no, non mi sposto!

I primi passi come attivista

Figlia di James e Leona McCauley, di confessione metodista, nel 1932 sposa Raymond Parks, attivo nel movimento dei diritti civili. Passa buona parte della sua vita a lavorare come sarta in un grande magazzino nella città dove risiedeva, Montgomery, in Alabama.

A partire dal 1943, Rosa aderisce al Movimento per i diritti civili statunitensi e diventa segretaria della sezione di Montgomery della National Association for the Advancement of Colored People (NAACP). A metà del 1955 inizia a frequentare un centro educativo per i diritti dei lavoratori e l’uguaglianzarazziale, la Highlander Folk School.

In questo periodo Martin Luther King lottava per far valere i diritti dei neri, che venivano ancora una volta oppressi dai bianchi.

L’arresto 1º dicembre 1955, a Montgomery, Rosa stava tornando a casa in autobus dal suo lavoro di sarta[1]. Nella vettura, non trovando altri posti liberi, occupò il primo posto dietro alla fila riservata ai soli bianchi, nel settore dei posti comuni. Dopo tre fermate, l’autista le chiese di alzarsi e spostarsi in fondo all’automezzo per cedere il posto ad un passeggero bianco salito dopo di lei. Ella, mantenendo un atteggiamento calmo, sommesso e dignitoso, rifiutò di muoversi e di lasciare il suo posto. Per di più, se avesse obbedito al conducente, dato che tutti i posti a sedere erano occupati, sarebbe dovuta rimanere in piedi con un problema di dolore ai piedi che l’affliggeva[2]. Il conducente ferma così il veicolo e chiama due agenti di polizia per risolvere la questione: Rosa Parks fu arrestata e incarcerata per condotta impropria e per aver violato le norme cittadine che obbligavano le persone di colore a cedere il proprio posto ai bianchi nel settore comune, quando in quello a loro riservato non ve n’erano più disponibili. Da allora è conosciuta come The Mother of the Civil Rights Movement[3].

Hubertine Auclert

Ebbe l'”illuminazione” femminista leggendo una lettera che Victor Hugo aveva indirizzato a Léon Richer nel 1872, epistola in cui il grande scrittore lamentava l’ingiustizia della legge che concedeva i diritti agli uomini lasciando alle donne i soli doveri.Ispirata da Maria Deraismes e da Richer, del quale divenne la segretaria, Hubertine Auclert s’impegnò nel movimento per i diritti delle donne, essendo forse la prima francese a dichiararsi esplicitamente femminista.[2] Esigendo il diritto di voto femminile, nel 1876 fondò la società Le droit des femmes che nel 1883 assunse il nome Le suffrage des femmes.
Nel 1878, il Congrès international sur les droits des femmes tenuto a Parigi non sostenne, contro i desideri della Auclert, il diritto di voto delle donne e allora ella lanciò, dal 1880, la rivolta fiscale femminile, difendendo, assistita dall’avvocato Antonin Lévrier, poi diventato suo marito, l’idea che in assenza di riconoscimenti politici le donne non potevano essere soggette a contribuzione fiscale. Il 18 febbraio 1881 fondò La Citoyenne (La Cittadina), un mensile femminista che ricevette il sostegno di Caroline Rémy e di Marie Bashkirtseff, e che aveva come motto Oser, résister (“Osare, resistere”). Scrisse anche su altre riviste, come La Libre Parole di Drumont, e, più tardi, Le Radical.
Nel 1884 denunciò le ingiustizie della legge sul divorzio, che risultava economicamente sfavorevole alle donne, e propose una legge, molto innovativa per l’epoca, che stabilisse la separazione dei beni dei coniugi al momento del matrimonio, in modo da garantire a entrambi un equo reddito in caso di divorzio.
Nel 1888 si stabilì in Algeria, dove Lévrier, che nel frattempo era andato in Nuova Caledonia, la raggiunse e la sposò. Ritornarono a Parigi quattro anni dopo. Pur costretta a chiudere La Citoyenne per motivi finanziari, la Auclert continuò il suo attivismo femminista, contribuendo alla creazione, nel 1900, del Conseil national des Françaises, organizzazione promotrice del suffragio femminile.
Nel 1908, per legge le donne francesi ottennero la disponibilità del proprio reddito. Quello stesso anno la Auclert bruciò simbolicamente un’urna delle elezioni comunali di Parigi e, due anni dopo, con Marguerite Durand, sfidò le autorità presentandosi candidata alle elezioni politiche.
Hubertine Auclert continuò a battersi fino alla morte, avvenuta a Parigi nel 1914. Sepolta nel cimitero del Père-Lachaise, la scultura sulla sua tomba rappresenta Il voto delle donne.

Christine Lavant: ribelle e blasfema

Terra, se tu avessi due labbra
e una lingua e un’ora gentile
vorresti allora parlare con me
anche ora che schiaccio rabbiosa
il mio moncone d’intelletto sotto i fiocchi di neve?
Terra, rideresti allora?
Mi sono vantata della tua amicizia
e ho raccontato che vivo spesso accanto alle radici
e che parlo del tempo con i sassi
e che sono in grado di condizionare il tuo sangue.
Mentire, sai, era come la malattia
che spesso precede le grandi epidemie
e il mio cuore mi ha sempre creduto.
Ora è stato contaminato e non fa che chiamarti,
non vuole morire prima, non vuole dire a nessun’altro
ciò che ha in mente, che lo tormenta,
e chi alla fine vorrà benedire.
Terra, accetta la mia lingua,
terra, ti prego, e le mie labbra!
Spargi la voce sotto i fiocchi di neve
racconta dell’amore caldo e duraturo.